Il relitto di un mercantile britannico nel Mar Rosso, affondato nel 1941 da un gruppo di bombardieri tedeschi, è diventato un hotspot di biodiversità marina tanto ricco, per numero e quantità di specie ospitate, da avere caratteristiche simili a quelle delle vicine scogliere coralline.
Lo rivelano gli esiti di uno studio realizzato da ricercatori dell’Università di Bologna e del Fano Marine Center – pubblicato sulla rivista PLOS ONE – che ha analizzato le variazioni delle comunità biologiche attorno ai resti della nave SS Thistlegorm tra il 2007 e il 2014. Raccolti grazie al progetto di citizen science Scuba Tourism for the Environment, i dati mostrano che strutture artificiali simili possono rappresentare degli “habitat di compensazione” per le specie marine minacciate dal cambiamento climatico e dall’azione dell’uomo.
“La comunità biologica che si è sviluppata attorno al relitto della SS Thistlegorm si è mostrata ricca e relativamente stabile nel tempo: risultati che mostrano come queste strutture artificiali possano supportare un’abbondante biodiversità“, dice Erik Caroselli, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna, tra gli autori dello studio. “Si tratta di conclusioni particolarmente rilevanti se consideriamo le attuali condizioni di molte scogliere coralline nel mondo e gli sforzi messi in campo dalla ricerca per investigare la possibile utilità di varie tipologie di scogliere artificiali“.
La concentrazione di biodiversità attorno alle barriere coralline tropicali e sub-tropicali è una delle più alte al mondo. Per questo, la loro presenza gioca un ruolo fondamentale per la protezione delle coste e per la qualità delle acque, e offre anche una serie di benefici economici per la pesca e per il turismo.
Oggi però le scogliere coralline – comprese quelle del Mar Rosso, tra le più vaste al mondo – sono minacciate su più fronti: dal riscaldamento e dall’acidificazione degli oceani, dallo sfruttamento eccessivo delle zone di pesca, dagli impatti sulle aree costiere causati dalla presenza e dall’azione dell’uomo.
Da qui nasce l’attenzione per possibili alternative artificiali che possano garantire alle comunità biologiche marine degli habitat adeguati e preservare così la ricchezza della biodiversità. I relitti, da questo punto di vista, sono un caso di studio.
“C’è un interesse crescente nel ruolo di strutture marine artificiali, inclusi i relitti, come ambienti che possano compensare i danni provocati dall’uomo alle scogliere coralline, e come possibili zone rifugio che aiutino i coralli a colonizzare aree marine in cui le acque sono più fredde, in risposta al riscaldamento degli oceani“, spiega Caroselli. “I relitti sommersi, in particolare, hanno mostrato il potenziale di aumentare la biodiversità marina: il materiale con cui sono costruiti, la tipologia di fondale su cui sono adagiati e la loro complessità strutturale giocano un ruolo chiave per favorire la presenza sia dei pesci che degli organismi bentonici, quelli che vivono a stretto contatto con il fondo marino“.
La SS Thistlegorm e la biodiversità del Mar Rosso
Costruita nel 1940, la SS Thistlegorm era una nave mercantile a vapore utilizzata dall’esercito britannico durante la seconda guerra mondiale per mantenere aperte le linee di rifornimento nella campagna del Nordafrica. Nel 1941, durante un viaggio che da Glasgow doveva portarla ad Alessandria d’Egitto, venne colpita da un gruppo di bombardieri tedeschi e affondò nel Golfo di Suez, nei pressi della scogliera corallina di Sha’ab Alì. La ritrovò il famoso esploratore e oceanografo Jacques Cousteau nel 1955 e nei decenni successivi divenne una meta sempre più visitata dal turismo subacqueo.
Gli studiosi dell’Alma Mater e del Fano Marine Center hanno quindi incluso l’area del relitto tra quelle monitorate dal progetto di citizen science Scuba Tourism for the Environment, che ha coinvolto migliaia di turisti e sub amatoriali nella raccolta di dati sullo stato della biodiversità del Mar Rosso.
“Questo studio ci ha permesso di monitorare per 8 anni la comunità biologica che vive attorno al relitto della SS Thistlegorm: una comunità variabile nel tempo, ma nel complesso ben sviluppata e strutturata, con caratteristiche simili a quelle delle scogliere coralline della regione“, dice Caroselli. “Questo non significa che il relitto sia in grado di ospitare l’intera biodiversità del Mar Rosso come una scogliera corallina naturale, ma la comunità dei 72 gruppi di animali censiti nel progetto di monitoraggio ha fornito risultati promettenti“.
Il progetto Scuba Tourism for the Environment è ora concluso, ma un’iniziativa simile – chiamata Divers United for the Environment – Sea Sentinels – è attiva nel Mediterraneo e può partecipare qualsiasi subacqueo o snorkelista.
La ricerca – pubblicata sulla rivista PLOS ONE con il titolo “Eight years of community structure monitoring through recreational citizen science at the ‘SS Thistlegorm’ wreck (Red Sea)” – è stata svolta dal Marine Science Group del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna, all’interno delle attività dei programmi di dottorato internazionale in Scienze della Terra, della Vita e dell’Ambiente (STVA-PhD) e Tecnologie Innovative e Uso Sostenibile della Pesca e delle Risorse Biologiche del Mar Mediterraneo (FishMed-PhD). Gli autori sono: Chloe Lee, Erik Caroselli, Mariana Machado Toffolo, Arianna Mancuso, Chiara Marchini, Marta Meschini, Stefano Goffredo.