Dopo 15 anni di lavoro finalmente ci siamo: la data da segnare sul calendario è giovedì 13 aprile quando, salvo imprevisti meteo o intoppi dell’ultimo minuto, finalmente la sonda JUICE (JUpiter ICy moon Explorer) lascerà la base dell’Agenzia spaziale europea (ESA) a Kourou in Guyana francese alla volta di Giove. Più precisamente, la destinazione saranno le lune del sistema gioviano Ganimede, Europa e Callisto che JUICE raggiungerà dopo sette anni di crociera nel 2030.
L’obiettivo è ambizioso: la missione JUICE (prima tra le grandi missioni dell’ESA del programma Cosmic Vision) studierà le condizioni necessarie per la formazione dei pianeti, per la comparsa della vita e come funziona il sistema solare. Il sistema gioviano potrebbe mai essere abitato? Le lune ghiacciate possono – o potrebbero ospitare un giorno – organismi viventi per tempi prolungati? Esiste acqua sotto la superficie ghiacciata? A tentare di dare una risposta saranno i dieci strumenti scientifici a bordo della sonda JUICE, frutto di una collaborazione scientifica internazionale tra agenzie spaziali (europea, italiana, tedesca, francese, statunitense e israeliana) e industrie. Lo studio comparato dei tre satelliti gioviani aiuterà a comprendere le cause della loro diversità, dominata dall’influenza di Giove. Se la missione avrà successo, permetterà un balzo in avanti dal punto di vista della conoscenza scientifica dopo le storiche missioni Voyager e Galileo e la missione Juno.
A bordo di JUICE – una sonda dalla stazza di ben 5,3 tonnellate con 85 metri quadrati di pannelli solari – c’è un pezzo di ricerca e di tecnologia tutta italiana. Tre degli strumenti che saranno impiegati nelle missioni scientifiche di studio della conformazione e dell’atmosfera gioviana sono infatti a guida italiana: il Radar Rime (Radar for Icy Moon Exploration), la camera Janus, lo strumento di Radio Scienza 3GM. A questi si aggiunge la forte partecipazione italiana, coordinata dall’Agenzia spaziale italiana ASI nello spettrometro Majis (Moons and Jupiter Imaging Spectrometer) guidato dall’agenzia spaziale francese (Cnes).
Ma l’attenzione all’Università di Trento in questi giorni è tutta per Rime (Radar for Icy Moon Exploration), il radar spaziale che è stato ideato e studiato da un team di scienziati internazionali sotto la guida di Lorenzo Bruzzone, principal investigator dello strumento e professore del Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell’Informazione, dove è responsabile del Laboratorio di Telerilevamento (Remote Sensing Laboratory).
Rime è uno degli strumenti che in questi mesi hanno attirato di più l’attenzione della comunità scientifica e dei media internazionali. Lo strumento è in grado di riprendere “immagini” molto particolari della sotto-superficie che, oltre a essere di fondamentale importanza per studiare la geologia del sottosuolo e la geofisica delle lune ghiacciate, possono evidenziare l’eventuale presenza di acqua negli strati sottosuperficiali di Ganimede e di Europa. L’identificazione di acqua costituirebbe una scoperta di eccezionale rilevanza, visto che l’acqua è una delle variabili fondamentali per ipotizzare la presenza di forme di vita elementari sulle lune ghiacciate.
La misurazione avverrà dallo Spazio, a centinaia di chilometri di distanza. Il radar è progettato per penetrare la superficie ghiacciata dei satelliti Galileiani fin alla profondità di nove chilometri con una risoluzione verticale fino a trenta metri.
I dati scientifici che Rime raccoglierà saranno condivisi anche con il Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA che partecipa al coordinamento della missione insieme all’Università di Trento
Rime è stato progettato e costruito in Italia nei laboratori dell’industria Thales Alenia Space, con alcuni sottosistemi forniti dal Jet Propulsion Laboratory della NASA che partecipa al finanziamento dello strumento (il co-principal investigator è il professor Jeffrey Plaut).
Il gruppo di lavoro di Rime, oltre a ricercatori dell’Università di Trento e della Fondazione Bruno Kessler (la coordinatrice della parte tecnica è Francesca Bovolo), comprende alcuni dei più prestigiosi enti di ricerca italiani, europei e statunitensi del settore.
Il lancio di giovedì 13 aprile avverrà alle 14:15 ora italiana ma già dalle 13:30 la comunità universitaria si riunirà nell’aula 101 del Polo Ferrari uno a Povo (Via Sommarive 5) per seguire la diretta resa disponibile in streaming da Esa sul suo canale web. Il satellite JUICE partirà con un Ariane 5 dalla base spaziale di Kourou, dove gli scienziati responsabili della missione e di ciascuno degli strumenti – tra cui Lorenzo Bruzzone – seguiranno le fasi del decollo. Da Trento la diretta sarà commentata da alcuni collaboratori del team Rime. Al termine dell’evento si potrà dare un’occhiata al nuovo laboratorio Science Operation Center del Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell’Informazione UniTrento da cui verranno gestite alcune operazioni cruciali per il successo delle rilevazioni, già pochi giorni dopo il lancio.
La sonda impiegherà più di sette anni per raggiungere la destinazione. A partire dal 2031 le osservazioni dureranno almeno tre anni. Durante questo periodo JUICE si muoverà nel sistema gioviano seguendo un profilo di missione complesso che porterà la sonda a studiare il gigante gassoso Giove e a esplorare le lune galileiane Europa e Callisto, per terminare il suo viaggio nello spazio in orbita circolare attorno a Ganimede.
“Dopo 15 anni di lavoro intenso, di studio, di progettazione, di sviluppo, di test e di grande impegno siamo finalmente arrivati alla fase di lancio – commenta con emozione il professor Lorenzo Bruzzone. “È un momento cruciale, una linea di passaggio che dà il via ad una nuova fase di esplorazione del sistema gioviano. Per noi che ci abbiamo lavorato, seguire il lancio sarà un momento carico di emozione e ci fa piacere che tanti colleghi e colleghe, studenti e studentesse insieme a molti cittadini vogliano condividere questo successo“.