Nell’aprile 2022, il giudice Monica Croci del Tribunale dell’Aquila ha rigettato in toto la richiesta di risarcimento nei confronti dello Stato di 9 studenti morti tutti sotto le macerie del terremoto che ha sconvolto L’Aquila nel 2009. Il giudice Croci aveva emesso anche altre sentenze nelle quali aveva ammesso il concorso di colpa del 30% per “l’incauto comportamento di non essere usciti di casa” dopo la scossa delle 3.32 del 6 aprile del 2009, ad alcune vittime del sisma nell’ambito dei processi civili intentati dai familiari.
“I nostri figli avrebbero dovuto prevedere quanto poi purtroppo accaduto e uscire di casa: mio figlio Nicola sarebbe stato incauto nel non uscire di casa“. Lo ha detto in una intervista all’emittente Rete 8 Sergio Bianchi, padre di Nicola, studente universitario originario di Monte San Giovanni Campano (Frosinone), morto quella terribile notte all’Aquila, e Presidente dell’Avus, associazione vittime universitarie sisma. Bianchi parla di “una decisione che ci ha lasciato impietriti, senza parole”.
“In sostanza dalla testimonianza di un amico di Nicola, sembra che in casa avevano ritrovato una crepa. Come facevano tutti i ragazzi in quei giorni, avevano fatto dei segni con la penna per vedere se questa crepa aumentava“, ha raccontato a LaPresse Sergio Bianchi, rimarcando che “in base a questo, avevano pensato di chiedere un controllo, ma il controllo poi non è stato mai chiesto”. “Non c’è nessuno documento che afferma e conferma questa richiesta e controllo avvenuto – ha ribadito Bianchi – Quindi in quel momento lui doveva preoccuparsi e andarsene. Questo è quello che dice sostanzialmente la giudice. Quindi il comportamento colposo è proprio questo: di aver continuato a dormire in quella casa”.
L’appello
La sentenza è stata appellata. Nicola Bianchi, 22 anni, morì nel crollo della casa di via D’Annunzio, dove viveva in affitto, in quel periodo, con altri studenti. Il giudice ha scritto che bisogna “che qualunque rassicurazione fosse stata percepita doveva necessariamente venire meno ove l’abitazione in concreto occupata avesse presentato segni di danno per le precedenti scosse e/o fosse stata giudicata meritevole di controlli di stabilità”.
“Un anno è passato, può darsi che nel prossimo anno, a partire da aprile è un anno, potrebbe arrivare la sentenza d’appello, senza udienza – ha aggiunto Sergio Bianchi – Si basano sulla valutazione degli atti già esistenti e quindi si può immaginare come andrà a finire – ha concluso – Spero che la sentenza di appello sia positiva anche perché è ora che forse alle persone sia data la giusta responsabilità per quell’evento gestito in modo veramente atroce”.
Legale: “sentenza shock, la colpa della morte è dei nostri ragazzi”
Il legale della famiglia Bianchi Alessandro Gamberini parla di un’altra “sentenza shock“: “rigettando i risarcimenti e condannando i familiari delle giovani vittime al pagamento delle spese processuali, il giudice del tribunale dell’Aquila ha attribuito agli universitari con una serie di motivazioni non vere il 100% della colpa della loro morte. I giovani avrebbero dovuto uscire di casa con una decisione individuale senza che nessuno avesse lanciato allarmi o avvertimenti sul pericolo dei terremoti e dello sciame. Anzi in un clima di rassicurazioni istituzionali della Protezione Civile“. Per i ragazzi morti erano stati chiesti risarcimenti tra i 500 e i 600 mila euro ciascuno.
Nelle altre motivazioni per altri ragazzi deceduti a causa del terremoto si può leggere come “fosse uscita di casa alla scossa delle ore 23:30. Tale condotta obiettivamente attesta come la defunta non avesse affatto maturato la convinzione circa la non pericolosità del terremoto e la superfluità di misure di autotutela, posto che agì in netto contrasto con detta convinzione”, oppure che “le scelte della defunta fossero da attribuire alla convinzione che l’edificio in cui abitava fosse sicuro“, ma anche che “la ragazza aveva fatto rientro nel proprio appartamento pur dubitando della solidità dell’edificio”.