I catastrofici incendi boschivi che tra il 2019 e il 2020 hanno devastato l’Australia potrebbero aver contribuito al raffreddamento dell’oceano a migliaia di chilometri di distanza, influenzando la durata della fase fredda dell’El Nino-Southern Oscillation (ENSO). Questo, in estrema sintesi, e’ quanto emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, condotto dagli scienziati del National Center for Atmospheric Research (NCAR). Il team, guidato da John Fasullo, ha esaminato gli impatti ambientali correlati agli incendi australiani, per valutare in che modo questi eventi abbiano influenzato il clima oceanico e atmosferico del pianeta.
L’oscillazione atmosferica e oceanica ENSO, spiegano gli esperti, negli ultimi anni si e’ manifestata nella sua controparte piu’ fredda chiamata La Nina, che, a differenza di quanto avviene normalmente, si e’ protratta per circa tre anni. Questa serie di tre inverni consecutivi associati alla fase fredda si e’ verificata infatti solamente tre volte dall’inizio dei record storici, avviati nel 1950. L’esteso e diffuso fenomeno climatico provoca impatti sul clima del Nord e del Sud America, ma anche del Pacifico e di altre zone del globo. Gli incendi australiani, che tra il 2019 e il 2020 hanno provocato la perdita di circa 186mila chilometri quadrati.
Incendi e conseguenze climatiche
I ricercatori hanno utilizzato un modello computerizzato per eseguire una serie di simulazioni volte a valutare le possibili conseguenze climatiche di questi eventi distruttivi. Gli autori hanno scoperto che le emissioni associate agli incendi hanno avviato una catena importante di interazioni climatiche. Ad esempio, gli aerosol formatisi a seguito della combustione di materiali organici hanno illuminato i banchi di nuvole nell’emisfero australe e in particolare al largo della costa del Peru’, che hanno raffreddato e asciugato l’aria nella regione, spostando infine la zona in cui si uniscono gli alisei settentrionali e meridionali. Questi eventi hanno contribuito a raffreddare l’Oceano Pacifico tropicale.
Nel giugno 2020, in effetti, poco prima della formazione della prima stagione caratterizzata dagli impatti della Nina, le previsioni stagionali suggerivano condizioni neutrali del Pacifico tropicale, che invece e’ stato investito da ben tre oscillazioni fredde. “Questa ricerca – commenta Fasullo – evidenzia l’importanza di utilizzare un modello sistematico per prevedere il clima stagionale della regione del Pacifico tropicale. Abbiamo dimostrato anche che per le proiezioni climatiche a lungo termine e’ fondamentale tenere conto delle emissioni realistiche dovute agli incendi boschivi. Con il cambiamento climatico, e’ ragionevole ipotizzare che anche gli incendi e le emissioni ad essi associate risulteranno alterate. Il nostro obiettivo e’ quello di incorporare gli effetti di questi fenomeni nel modo piu’ realistico possibile”.