Covid, in Italia il 65% dei medici e infermieri è in burnout

A fornire la fotografia è la survey condotta da Fadoi, presentata a Milano al congresso nazionale della federazione. Il 65% afferma di sentirsi emotivamente sfinito
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A fornire la fotografia è la survey condotta da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri e presentata a Milano al 28/o congresso nazionale della federazione. Il 65% afferma di sentirsi emotivamente sfinito, il 68% di lavorare troppo duramente e il 71% di essere sfinito al termine di ogni giornata lavorativa. Il 60% dichiara di essere frustrato e il 58% è esaurito dal proprio lavoro. Ma, nonostante ciò, il medico non perde la propria passione per la professione: l’88% riferisce di affrontare efficacemente i problemi dei propri pazienti, l’84% di influenzare positivamente la vita di altre persone attraverso il proprio lavoro, il 60% di avere realizzato molte cose di valore e il 65% di sentirsi rallegrato dopo avere lavorato con i pazienti. Solo il 36% teme però che il proprio lavoro possa con il tempo indurirlo emotivamente.

Il Covid ha inciso negativamente sulla vita per il 65% dei medici. “La survey – commenta il presidente Fadoi di Piemonte e Valle d’Aosta, Gianlorenzo Imperiale – sottolinea come un terzo dei professionisti della salute, medici e infermieri, riconosca esplicitamente di essere in una condizione di burn-out e tale percentuale e` simile a chi, con timore, pensa che questa condizione di lavoro possa indurire emotivamente. Sinteticamente, questi dati dicono che nei nostri reparti si vuole lavorare, lavorare bene ma che e` necessaria una revisione globale delle scelte organizzative affinche´ si possa recuperare una serenita` di pensiero non sempre presente”.

I dati in Umbria

In Umbria un terzo dei medici internisti (36%) dichiara di essere in “burn-out” (l’insieme di sintomi determinati da uno stato di stress permanente) e il 64% riferisce di aver pensato di licenziarsi nell’ultimo anno e di sentirsi emotivamente sfinito al termine di ogni giornata lavorativa: emerge da un sondaggio nazionale condotto da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, presentato a Milano al suo 28/o Congresso nazionale.

Il 55% rivela di essere frustato ed esaurito dal proprio lavoro e di lavorare troppo duramente, ma nonostante questo non perde la passione per la propria professione. Il 90% ritiene di affrontare efficacemente i problemi dei propri pazienti, di essere rallegrato dopo aver lavorato con i pazienti e di influenzare positivamente la vita di altre persone attraverso il proprio lavoro. Il 73% afferma anche di aver realizzato cose di valore con il proprio lavoro ma teme che con il tempo il suo lavoro possa indurirlo emotivamente. Il Covid ha inciso negativamente sulla vita di poco più della metà dei medici umbri (55%).

I dati in Toscana

In Toscana il 46% dei medici e degli infermieri che prestano la loro opera nei reparti ospedalieri di medicina interna soffre della ‘Sindrome da burnout’ e il 52% riferisce di aver pensato di licenziarsi nell’ultimo anno. La fotografia scattata da Fadoi, si spiega in una nota, immortala medici e infermieri depressi, stressati e in perenne carenza di sonno per orari di lavoro che vanno ben oltre il lecito, carichi di lavoro impossibili da gestire. Il tutto aggravato da mancanza di riconoscimento del valore di quanto con competenza professionale si fa, un numero di pazienti per medici e posti letto che rende quasi impossibile instaurare un rapporto empatico con i pazienti e la burocrazia che rende tutto ancora più difficile.

Dall’analisi di Fadoi emerge che la metà dei sanitari riferisce di sentirsi emotivamente “sfinito e di essere frustrato ed esaurito dal proprio lavoro”, il 69% di essere “sfinito al termine di ogni giornata lavorativa”. Il 63% ritiene di lavorare troppo duramente ma non perde la propria passione per la professione: l’80% riferisce di affrontare efficacemente i problemi dei propri pazienti, l’82% di influenzare positivamente la vita di altre persone attraverso il proprio lavoro e il 67% di aver realizzato molte cose di valore. Ben il 77% è rallegrato dopo aver lavorato con i pazienti e il 46% teme che il proprio lavoro possa indurirlo emotivamente con il tempo.

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