Gli esperti Ebani Dhawan e Patrick Haggard hanno pubblicato sulla rivista Nature Human Behaviour relativamente a un tema molto discusso e delicato. Il congelamento o l’immobilità in risposta a uno stupro è probabilmente un’azione involontaria e i ricercatori suggeriscono che una “comprensione delle prove neuroscientifiche sull’immobilità involontaria durante la RSA [stupro e violenza sessuale] potrebbe prevenire le inappropriate colpe delle vittime.”
Le motivazioni legali di stupro e violenza sessuale si basano sull’assenza di consenso; tuttavia, stabilire quando si tratta di consenso o di mancato consenso è impegnativo. Le vittime di stupro e violenza sessuale spesso riportano “congelamento” in risposta all’aggressione e che, di conseguenza, non hanno potuto agire, ma le prove neuroscientifiche in questo ambito sono state limitate. Queste risposte congelanti vengono spesso messe in discussione in tribunale e gli autori scrivono che “gli attori legali nei casi RSA sono suscettibili di stereotipi… su come si comporterebbe una ‘vera‘ vittima. ” Uno stereotipo comune si basa sulla domanda sul perché le vittime non lottino contro gli autori di stupro e violenza sessuale, e implica che la loro inazione potrebbe riflettere il consenso.
L’effetto “freezing” durante lo stupro
Lo stupro e la violenza sessuale (collettivamente, RSA) sono tipi distintivi del comportamenti umani aggressivi e criminali che sono in modo schiacciante commessi da uomini e dirette a donne. Il 30% delle donne nel mondo hanno vissuto in prima persona lo stupro nella loro vita. Per esempio, in Inghilterra e Galles la polizia ha registrato oltre 70.000 stupri nel 2021-2022 ma solo il 3% ha portato ad un arresto. I contributi neuroscientifici al dibattito pubblico sullo stupro sono stati limitati.
Le vittime di rapporti non consensuali sono spesso interrogate in tribunale. Gli attori sociali dello stupro sono in genere soggetti a stereotipi che vengono denominati “miti dello stupro” su come dovrebbe comportarsi una vittima nella realtà. Un mito comune dello stupro riguarda chi lo effettua, sostenendo che egli aveva dedotto un consenso da parte della vittima dall’assenza di chiari tentativi di resistenza: perché non ha lottato?
I miti dello stupro
I miti dello stupro come questo continuano a influenzare il pensiero di giurati, avvocati e giudici, e della società in generale. L’argomentazione “perché non ha lottato?” si basa su una teoria cognitiva basata sul modello di azione intenzionale che è alla base di tutte le leggi penali. L’adulto sano presume che gli esseri umani abbiano un controllo volontario sulle loro azioni e per svolgere le loro azioni intenzionalmente. Mens rea (intenzione cosciente) rende gli agenti responsabili delle loro azioni e conseguenze.
Dhawan e Haggard sostengono che l’ipotesi secondo cui le vittime scelgono di non resistere è basata su un’errata valutazione neuroscientifica. Gli esperti hanno presentato prove esistenti di come il cervello risponda alle minacce e, a tal proposito, essi sostengono che l’immobilità in risposta a una minaccia estrema è probabilmente involontaria. Essi suggeriscono che l’immobilità involontaria è una risposta nota alla minaccia neurale, in cui i circuiti cerebrali che forniscono il controllo volontario sui movimenti del corpo sono bloccati.
L’immobilità davanti alla minaccia
Delle minacce immediate e gravi, come la violenza fisica e sessuale, possono involontariamente scatenare uno stato di immobilità nell’uomo, come negli altri animali. Gli studiosi hanno notato che il 70% delle donne vivono come reazione una sorta di immobilità o “effetto di congelamento” durante lo stupro o la violenza sessuale, detengono un forte desiderio di fuga ma sono incapaci di farlo. Gli autori sostengono che ciò costituisce una “risposta involontaria evolutiva e conservativa, caratterizzata dalla mancanza di un normale controllo motorio volontario. ”
Gli esperti hanno concluso “la nostra ipotesi di inibizione involontaria indotta dalla minaccia dei percorsi di azione volontaria può contribuire a migliorare la comprensione dei eventi criminali come lo stupro e la violenza sessuale, sui torti sociali della violenza di genere e sulle realtà dell’esperienza e della sofferenza delle vittime.”
Cosa avviene nel cervello della vittima
L’aggressione innesca una cascata di reazioni difensive di paura e minaccia. Gli esseri umani condividono molti di questi modelli di risposta con altri animali, che riflette i circuiti cerebrali evolutivamente conservati per l’elaborazione delle minacce. Le risposte neurali e comportamentali alla minaccia dipendono dalla gravità e dalla vicinanza della minaccia e anche dalla capacità percepita di fuggire.
Molti studi sugli animali descrivono l’effetto congelamento come una breve anticipazione, un’attenta immobilità che si verifica prima che una minaccia diventi immediata. L’animale rimane pronto ad agire e quindi l’ “effetto freezing“, è solo momentaneo prima che esso passi all’azione, alla lotta, o alla fuga.