Tumore alla prostata: scoperta una nuova cura che riduce del 58% il rischio di metastasi

E' stato trovato un nuovo trattamento medico con l'uso della enzalutamide per il tumore alla prostata che è il tumore più frequente negli uomini, riducendo il rischio metastatico
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Il tumore alla prostata può essere curato senza ricorrere alla castrazione farmacologica. Nella storia del carcinoma prostatico è la prima volta che viene raggiunto questo eccezionale traguardo che cambia il trattamento terapeutico di questo tipo di tumore che per molti mesi è stato rappresentato dalla deprivazione androgenica, denominata anche castrazione farmacologica ovvero l’abbattimento dei livelli di testosterone, con i relativi effetti collaterali (andropausa, perdita della funzione sessuale e della libido).

Un farmaco anti-androgeno di nuova generazione, enzalutamide, associato a terapia di deprivazione androgenica, ha riscontrato una riduzione del 58% del rischio di metastasi a distanza, un miglioramento del 93% del tempo alla progressione dell’antigene prostatico specifico (PSA) e del 64% del tempo all’utilizzo di una nuova terapia antineoplastica (di solito chemioterapia).

Il trattamento della tumore alla prostata

Importanti anche i risultati con solo enzatulamide, con miglioramenti che equivalgono, rispettivamente, al 37%, 67% e 46%. I dati emergono dallo studio di fase 3 EMBARK, presentati in sessione plenaria al Congresso dell’American Urological Association che si è chiuso ieri a Chicago. La ricerca sperimentale ha coinvolto 1.068 pazienti con carcinoma prostatico in fase precoce, non metastatico, sensibile agli ormoni, già sottoposti a prostatectomia o a radioterapia radicali, con recidiva biochimica ad alto rischio (intesa come un progressivo incremento del PSA con un tempo di raddoppiamento inferiore a 9 mesi).

Siamo orgogliosi di aver contribuito alla realizzazione dello studio EMBARK ed è la conferma del ruolo di primo piano dell’Italia nella ricerca internazionale” – spiega Ugo De Giorgi, Direttore Oncologia Clinica e Sperimentale dell’IRCCS Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori ‘Dino Amadori’, IRST, di Meldola, unico italiano e tra i pochissimi europei firmatari di questo lavoro.

Lo studio

De Giorgi continua: “I pazienti sono stati arruolati fra il 2015 e il 2018. EMBARK è uno dei primi studi che ha valutato un farmaco anti-androgeno di nuova generazione associato a terapia di deprivazione androgenica, quando il tumore della prostata è in fase molto precoce e vi sono ancora concrete possibilità di guarigione. La terapia è stata iniziata dopo prostatectomia o radioterapia radicali, in presenza di segni biochimici di ricomparsa della malattia, come il rapido tempo di raddoppiamento del PSA”. Nel 2022, in Italia, sono state stimate 40.500 nuove diagnosi di tumore della prostata, il più frequente negli uomini.

Una terapia definitiva per questo tipo di cancro

Dopo il trattamento primario, due pazienti su tre guariscono, ma si stima che, dieci anni dopo aver ricevuto una terapia ‘definitiva’ per il carcinoma prostatico, circa un terzo vada incontro a recidiva biochimica con livelli di PSA che aumentano progressivamente – continua il prof. De Giorgi -. E questi uomini hanno maggiori probabilità di morire per il cancro. Da qui il bisogno di intervenire con terapie efficaci, in grado di evitare che la malattia si diffonda e diventi metastatica. Finora lo standard era rappresentato dalla castrazione farmacologica, che garantisce remissioni durature ma pesanti effetti collaterali. Va peraltro sottolineato che alcuni pazienti, circa il 10%, soprattutto giovani, rifiutano questa opzione o cercano di ritardarla il più possibile, anche perché in questa fase la neoplasia non mostra segni evidenti o metastasi a distanza, se non un innalzamento dei valori di PSA. Ma la dilazione delle cure può portare a una progressione rapida del tumore e a una peggiore prognosi”.

L’uso dell’enzalutamide

Nello studio EMBARK, 355 pazienti sono stati trattati con enzalutamide più terapia di deprivazione androgenica (leuprolide), 358 con placebo più terapia di deprivazione androgenica e 355 con enzalutamide in monoterapia. Le opzioni che includevano enzalutamide sono risultate le più efficaci. “Si stima che ogni anno, in Italia, possano essere circa 8000 i pazienti candidati a questo trattamento – sottolinea il prof. De Giorgi -.

De Giorgi ha continuato: “Gli obiettivi terapeutici nel carcinoma prostatico non metastatico sono ritardare la comparsa di metastasi e prolungare la sopravvivenza globale, mantenendo invariata la qualità di vita. I risultati raggiunti da questo studio sono davvero di grandissima portata e mai visti finora nella storia del carcinoma prostatico. Enzalutamide è un anti-androgeno, privo degli effetti collaterali della castrazione farmacologica. Per la prima volta, grazie ai risultati preliminari di questo studio, è dimostrato che è possibile evitare del tutto la castrazione farmacologica. I dati di sopravvivenza globale saranno disponibili con il proseguimento dello studio, ma è prevedibile un netto miglioramento anche di questo parametro come conseguenza della riduzione del rischio di metastasi a distanza”.

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