Le forme basilari dell’attività cognitiva non hanno bisogno di grandi cervelli. Né di tanti neuroni. È la tesi che il neurobiologo Giorgio Vallortigara sostiene nel libro “Pensieri della mosca con la testa storta”, intervenuto all’ Antico Caffè San Marco, introdotto da Luigi Civalleri, nell’ambito di Scienza e virgola, il Science & Media Festival organizzato dal laboratorio interdisciplinare della SISSA, con la direzione artistica di Paolo Giordano.
“La mia storia con gli insetti è antica – ha detto Vallortigara, docente di Neuroscienze all’Università di Trento, parlando del suo interesse di entomologo – una passione giovanile. Ero solo un ragazzino quando rimasti affascinato e incantato dall’attività di un formicalone. Molti anni dopo, al momento di decidere l’argomento della tesi, pensai proprio a quello. Ero interessato alle modalità che adotta quell’animale per realizzare un cono nella sabbia. Mi sembravano meccanismi di costruzione semplice dal punto di vista sperimentale, non era così.”
“E dopo un po’ di mesi infruttuosi, il mio ‘capo’ disse che era meglio cambiare. Ma quella curiosità per i piccoli cervelli rimase”, per riemergere “in Australia, dove mi ero trasferito per un anno sabbatico: studiammo le asimmetrie celebrali delle api. Tornato a Trento decisi di tornare ad approfondire proprio il cervello delle api”. “Se guardiamo ai processi elementari del pensiero, in realtà sono svolti con facilità straordinaria da queste creature, anche se hanno pochi neuroni”, ha spiegato Vallortigara.