Dopo il lockdown, aumentano i bambini tra i 2 e i 4 anni con ritardi nella comunicazione. Ma ci sono buone possibilita’ che recuperino in maniera spontanea. L’importante e’ stimolarli, stando attenti soprattutto ai piu’ fragili. E’ il quadro tracciato all’AGI dalla dottoressa Cristina Caciolo, logopedista dell’ ospedale pediatrico Bambino Gesu’ di Roma, unita’ operativa complessa di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza. Secondo quanto l’esperta, infatti, “l’impressione clinica e’ che arrivino molti bambini nella fascia di eta’ compresa tra i 2 e i 4 anni con ritardi nella comunicazione. Questo non puo’ lasciarci indifferenti”. Un ritardo conseguenza dell’isolamento da Covid.
“Sicuramente il lockdown ci ha isolato tutti e questo ha avuto indubbiamente un impatto su tutti gli aspetti della comunicazione, che non e’ solo verbale ma riguarda anche la gestualita’, il tono della voce, il ritmo dell’eloquio e le competenze non verbali, come l’indicare, l’utilizzo gesti e della distanza interpersonale. Il bambino ha bisogno di sperimentare tutto questo e, durante il lockdown, non lo ha potuto fare. Il fattore esperienziale e’ fondamentale e, in tal senso, i bambini sono stati meno esposti agli stimoli sociali e alla comunicazione. L’Organizzazione mondiale della sanita’ definisce i primi mille giorni di vita cruciali per sviluppo psicofisico del bambino – ricorda ancora la logopedista – perche’ l’opportunita’ di apprendimento in questa fase e’ massima. I nati nel 2019-2020 con il lockdown, hanno visto invece venire meno le situazioni piu’ preziose. Non sono andati all’asilo e, inoltre, sono stati in casa con mamma e papa’ che, pero’, dovevano lavorare e non avevano la possibilita’ di stare con loro”.
Smartphone e TV
“Nel corso della visita – racconta ancora la dottoressa – molti genitori ci dicono di aver inevitabilmente ceduto alla tentazione di concedere loro lo smartphone o di lasciarli da soli in compagnia della televisione proprio perche’, dovendo lavorare, non avevano alternative”. Secondo l’esperta, pero’, e’ troppo presto per capire se i ritardi che si stanno manifestando in questo momento rimarranno nel tempo. La buona notizia, infatti, e’ che i bambini cosiddetti ‘late talkers’ recuperano in maniera spontanea. Essendo passati solamente tre anni dal lockdown, non si hanno ancora a disposizione abbastanza dati.
“Ci troviamo di fronte a una finestra clinica ancora troppo breve per capire le evoluzioni del fenomeno – specifica Caciolo -. In media, una fetta tra l’11 e il 13 per cento dei bambini di eta’ compresa tra 18 e 36 mesi sono ‘parlatori tardivi’, ossia hanno un rallentamento nella comparsa del linguaggio. Ma il 70 per cento di loro recupera spontaneamente, riallineandosi nel tempo con le traiettorie tipiche dello sviluppo linguistico. Ora e’ troppo presto per capire se chi ha trascorso i primi anni di vita nel lockdown recuperera’. Il monitoraggio ci permettera’ di capirlo ma, nel frattempo, cio’ che sicuramente possiamo fare e’ fornire ai genitori le strategie giuste per invertire la rotta, ora che ne abbiamo la possibilita’ visto che non siamo piu’ in isolamento. Nei primi tre anni, il cervello del bambino e’ molto plastico e in queste prime fasi di sviluppo possiamo far recuperare spontaneamente eventuali disallineamenti linguistici. Intervenire adesso puo’ fare la differenza” ammonisce la logopedista.
Quali sono queste strategie da seguire?
“La letteratura scientifica ha dimostrato da tempo come il gioco condiviso e l’interazione facciano la differenza nello sviluppo comunicativo. Giochiamo tanto con i bambini – e’ l’invito che la dottoressa rivolge ai genitori – e, mentre lo facciamo, parliamo con loro, raccontiamoci. E’ importante anche la lettura condivisa, in cui il bambino diventa partecipatore attivo. Mentre leggiamo, chiediamogli di indicare le immagini nei libri. Favoriamo la ‘presa del turno’, ossia il momento in cui anche lui e’ chiamato a parlare a rispondere o completare una frase”.
Il fatto che adesso, con il ritorno alla socializzazione, si possa stimolare l’interazione nei piu’ piccoli porta quindi, secondo lo dottoressa, a ben sperare su un riallineamento di quanti stanno manifestando un ritardo comunicativo. L’importante, pero’, “e’ intervenire ora”. E con un occhio di riguardo in piu’ verso i piu’ fragili. “Ci sono bambini piu’ a rischio, quelli con un basso livello socio-economico o con una familiarita’, magari un fratellino con un disallineamento. Questi bambini sono stati ancora di piu’ svantaggiati dal lockdown. E, ora che si puo’ recuperare, bisogna farlo stando attenti a monitorare soprattutto loro”.