In una piccola città nel deserto, decine di persone ignare muoiono improvvisamente a causa di una misteriosa piaga. L’agente infettivo è arrivato dallo Spazio, non ha una cura conosciuta e il governo degli Stati Uniti deve affrettarsi a contenerlo prima che distrugga il mondo. E’ la trama di “The Andromeda Strain“, un romanzo del 1969 di Michael Crichton. Il libro è stato pubblicato appena 2 mesi prima che gli umani mettessero piede per la prima volta sulla Luna e ha scatenato il panico su ciò che gli astronauti dell’Apollo 11 avrebbero potuto riportare sulla Terra. Fortunatamente, la NASA aveva studiato un protocollo di quarantena per la missione: quelle misure, però, potrebbero essere state in gran parte per “fare scena”, secondo una nuova ricerca pubblicata sulla rivista di storia della scienza “Isis”.
Il rientro degli astronauti Apollo e la struttura di quarantena
Quando gli astronauti sono tornati per la prima volta dalla Luna nel 1969, i funzionari della NASA temevano che potessero portare con sé microbi spaziali sulla Terra. A quel tempo, né gli Stati Uniti né l’URSS avevano riportato con successo una sonda dal satellite, figuriamoci una con campioni di suolo e/o umani a bordo. Di conseguenza, nessuno sapeva con certezza se la Luna ospitasse o meno vita microscopica.
La NASA ha istituito una struttura di quarantena a Houston nota come Lunar Receiving Laboratory per contrastare la possibilità che eventuali germi alieni si diffondessero sulla Terra. Quando l’equipaggio dell’Apollo 11 è tornato dalla missione, è stato immediatamente introdotto nella struttura multimilionaria all’avanguardia, dove ha trascorso 3 settimane. Anche 24 dipendenti della NASA che sono stati esposti a materiale lunare mentre si occupavano dello sbarco degli astronauti sono stati messi in quarantena, ha riportato il New York Times.
Il protocollo di quarantena? “Tutta scena”
A prima vista, il protocollo di quarantena sembrava sensato. Una nuova ricerca, però, suggerisce che, nonostante il denaro e le risorse investite, gli sforzi di “protezione planetaria” della NASA erano in gran parte per fare scena. “Il protocollo di quarantena sembrava un successo solo perché non era necessario,” ha scritto nel nuovo studio l’autore Dagomar Degroot, storico della Georgetown University. Inoltre, l’analisi di Degroot mostra che la NASA sapeva che il suo protocollo di quarantena era probabilmente inadeguato. Ad esempio, il veicolo Apollo non era stato progettato per impedire l’esposizione di potenziali contaminanti lunari all’ambiente terrestre: una volta ammarata nell’Oceano Pacifico, la cabina della capsula è stata completamente aperta per far uscire gli astronauti Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins. Inoltre, l’aria all’interno del modulo è stata riversata nell’atmosfera terrestre quando il velivolo è rientrato, per fare in modo che l’equipaggio non subisse avvelenamento da anidride carbonica.
La NASA sapeva però che il rischio che gli astronauti dell’Apollo 11 portassero a casa una piaga spaziale era estremamente basso. L’Agenzia ha enfatizzato la capacità di contenere una minaccia microbica per evitare il panico. A quel tempo, la NASA, in una dichiarazione, aveva rassicurato i cittadini preoccupati, sottolineato che l’impegno dell’Agenzia “ha portato a un laboratorio con capacità che non erano mai esistite in precedenza“.
Vita microbica e rischi
Se l’Apollo 11 avesse riportato microbi lunari, è difficile dire se avrebbero rappresentato o meno un rischio per l’uomo. La stragrande maggioranza della vita microbica sulla Terra è completamente innocua per le persone e alcune specie sono addirittura vitali per la nostra salute. Inoltre, poiché qualsiasi ipotetico germe lunare si sarebbe evoluto separatamente e distintamente dalla vita sulla Terra per molto tempo, potrebbe non avere nemmeno la capacità di interagire con le nostre cellule.
In definitiva, il probabile fallimento del protocollo di quarantena dell’Apollo 11 potrebbe essere una preziosa lezione per le future missioni, che mirano a riportare campioni (e umani) da Marte e oltre. Data la sua atmosfera e la sua geochimica, il Pianeta Rosso ha molte più probabilità di ospitare vita microbica rispetto alla Luna. Nel 2020, la NASA ha messo a punto una procedura aggiornata per il contenimento di microbi alieni, sebbene il documento non sia stato ancora utilizzato. Anche con questi standard in atto, però, potrebbe rivelarsi impossibile contenere completamente un microrganismo spaziale. Dovremo solo sperare che vengano in pace. O che basti un disinfettante.