“Incertezza, titubanza, immobilità, lentezza, insieme a tanti altri problemi, divieti e limitazioni” che la caccia subisce nel nostro Paese, insieme rappresentano una situazione che “non lascia ben sperare“: l’appassionato cacciatore calabrese Roberto Zerotti fa il punto, raccontando la sua esperienza e aprendo una riflessione sullo stato dell’attività venatoria in Italia. Ecco la sua testimonianza:
“Mi chiamo Roberto Zerotti e sono di Reggio Calabria, il 23 luglio del 2018, ho pubblicato su qualche quotidiano locale on line un articolo abbastanza articolato che può essere ancora attenzionato avente questo titolo: “La Caccia in Calabria tra economia, natura e politica – La testimonianza diretta: vorrei farvi capire cosa significa tutto questo”.
In quel mio racconto, da appassionato cacciatore, con la mia testimonianza, aprivo una riflessione sulla caccia per condividerla con i tanti cacciatori e farla conoscere soprattutto ai non, attività ad oggi ancora indispensabile in vari paesi e per molte popolazioni come fonte di sostentamento, in altri più evoluti come fonte di socializzazione e con un importante ruolo economico commerciale.
In quel contesto ho evidenziato la differenza della caccia di un tempo con quella attuale, ricordato storie di vecchi cacciatori che riportavano indietro nel tempo facendo vivere emozioni mai vissute, descritto paesaggi fiabeschi, ricordato sacrifici di contadini che coltivavano la terra ad oggi abbandonata con prodotti genuini e le varie tradizioni e cacce tradizionali.
Sono passati esattamente cinque anni da quella mia prima riflessione durante i quali la situazione ovviamente è rimasta invariata o addirittura peggiorata in quanto:
- abbiamo attraversato un periodo COVID che ha messo in ginocchio molte attività commerciali comprese quelle che gravitano intorno a questo settore, l’attività venatoria in quel periodo è stata sospesa o quasi e nessuno ha ritenuto opportuno rimborsare anche soltanto una piccola parte delle tasse pagate per intero dai seguaci di Diana nonostante le varie limitazioni e i divieti (solo qualche Regione lo ha fatto vedi la dirimpettaia Sicilia), così facendo tanti appassionati, l’anno successivo, per paura di nuovi blocchi o per mancanza di liquidità economica hanno preferito non rinnovare la licenza comportando così ulteriori perdite economiche;
- per ciò che concerne la pubblicazione dei calendari venatori la scadenza del 15 giugno continua a non essere rispettata;
- il costo delle tasse è rimasto invariato ed elevato: tassa Governativa 173.00€, tassa Regionale 100,00, tassa atc 20,00, polizza assicurativa dai 55,00 ai 130,00€, tassa atc per altra Regione vicina ad es. Sicilia 84,00;
- il costo dei materiali indispensabili per svolgere l’attività venatoria è aumentato in maniera spropositata (abbigliamento, fucili, munizioni, mangime, antiparassitari ,spese veterinarie dei nostri ausiliari ecc..) idem per quelle che di riflesso fanno girare molti altri settori (manutenzione autovetture, consumo di carburante, pernottamenti, caffè, cornetti, pizza, pane casereccio e tanti altri prodotti tipici che ognuno di noi acquista presso i vari produttori locali nelle varie trasferte.
Trattasi, pertanto, di economia che mantiene in vita più settori e attività con relativi posti di lavoro.Ad oggi si aggiunge anche la diffusione della PSA (Peste Suina Africana) che potrebbe dare il “colpo di grazia” alla nostra passione ma soprattutto a quelle attività che fino ad oggi hanno resistito alle varie e spiacevoli situazioni elencate.
Quello che si vede non lascia ben sperare in quanto a distanza di tre mesi dal primo ritrovamento di carcassa di cinghiale risultata positiva, qui in Calabria si è assistito soltanto all’emanazione di un’ordinanza regionale che sancisce solo tanti divieti in primis e forse solo per la categoria dei cacciatori e fungaioli, ma non per le tante altre attività effettuate: sono state fatte gare, escursioni, si vedono turisti… sarà per mancanza di informazione (tabellazione che doveva essere installata così come previsto dalle ordinanze) o per quale altro motivo ci si domanda?
Sono state effettuate varie riunioni locali ma non sono state attuate azioni incisive atte a contrastare questa malattia, il Priu approvato dalla Regione Calabria circa un anno fa perché non è stato attivato a suo tempo? (da pochi giorni sono stati autorizzati i selecontrollori/bioregolatori) che sappiamo bene da soli non bastano per fronteggiare una possibile epidemia visto e considerato che il nostro territorio è abbastanza vasto e tortuoso e la presenza dei cinghiali è massiccia tanto che ogni giorno parecchi agricoltori subiscono danni ingenti alle proprie coltivazioni e assistiamo ad aggressioni e ad incidenti a volte purtroppo mortali.
Abbiamo qui in Calabria aree chiuse all’attività venatoria da decenni (vedi Parco Nazionale d’Aspromonte), non sarebbe il caso di autorizzare gli abbattimenti anche all’interno di tale aree? o ancora meglio non sarebbe opportuno rivedere le riperimetrazioni in quanto ettari ed ettari risultano abbandonati e non ha alcun senso farli rientrare in tale perimetro? A ciò si aggiunge una grandissima area Zps ove vigono ulteriori divieti e limitazioni ed un periodo di caccia ridotto (solo tre mesi x tre GG settimanali), che poteva essere allargato già da tempo per ridurre/contrastare la specie ad oggi presente in modo spropositato.
Fortunatamente in questi tre mesi sono state ritrovate solo 13 carcasse risultate positive (dati Ministero della Salute), quindi proprio per questo non si doveva perdere tempo e si dovevano adottare tutte le misure mettendo in campo la forza di tutti.
Tanti sono stati i cacciatori che si sono adoperati nella ricerca delle carcasse, pochi quelli abilitati al contrasto (i cacciatori che vogliono partecipare a tali corsi per contrastare la diffusione dell’ epidemia, ridurre i danni provocati dagli ungulati, così facendo rendendosi utili per un beneficio comune, devono sborsare ulteriori somme non di poco conto senza l’aiuto dello Stato).
A livello nazionale si assiste a continue riunioni, modifiche di ordinanze e a piani attuativi diversi tra le varie Regioni, alcuni dei quali si sono dimostrati inefficaci (dispendio di risorse economiche per recinzioni lunghe km e km risultate inefficaci per bloccare lo spostamento degli ungulati, perché trattasi di animali forti e robusti difficili da fermare).
Tutta questa incertezza, titubanza, immobilità, lentezza, insieme ai tanti altri problemi, divieti e limitazioni che l’attività venatoria subisce nel nostro paese non lascia ben sperare, sono tanti gli amici cacciatori che vista la situazione hanno ceduto i tanti cani da seguita per paura di blocchi della caccia in braccata, tanti altri quelli che sono propensi a non rinnovare la licenza… Beh il risultato di tutto ciò sarà quello di ulteriori perdite nei vari settori che ruotano intorno alla nostra passione e addirittura potrebbe causare la scomparsa di tutte quelle attività che sino ad oggi hanno resistito per bisogno e/o passione.
Se invece guardiamo il contesto di altre nazioni troviamo realtà diverse: periodi di caccia più lunghi, specie migratorie cacciate in periodi che qui vengono vietate o addirittura cacciate oltre il periodo quando in Italia la stagione venatoria è già finita (vedi tordi, beccacce, acquatici).
ASSURDO!!!
Appare strano ed al più incomprensibile il fatto che l’Italia continui a non adeguarsi alle discipline e norme comunitarie rimettendoci dal punto di vista economico e sociale perdendo cosi ottime opportunità di guadagno e di turismo.
Un appassionato cacciatore calabrese che ancora crede in un possibile cambiamento e alla ripresa delle coscienze di chi deluso ha smesso di crederci e lottare”.Roberto Zerotti