Conservazione cellule staminali cordonali: un bene per la collettività

Conservazione cellule staminali cordonali: attuare un modello ibrido per uso autologo-solidale rappresenta una concreta tutela per le famiglie
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In Italia solo nel 2.8% dei parti viene raccolto il sangue cordonale e conservato per la collettività ma le cellule staminali in esso contenute è un importante patrimonio biologico dal valore inestimabile. L’interesse scientifico è dimostrato dagli oltre 1700 trial clinici nel mondo di cui 300 in Europa che dimostrano l’efficacia del trapianto di sangue e tessuto cordonale nel trattamento di diverse patologie. La particolarità delle cellule staminali è che non essendo specializzate sono capaci di differenziarsi in uno dei molti tipi di cellule diverse presenti nel nostro corpo (un neurone, un globulo bianco, una cellula della pelle, ecc). Essendo giovani e non compromesse da patologie acquisite, terapie o processi d’invecchiamento hanno quindi una capacità maggiore di attecchire laddove si verifica il problema e sono necessarie a contrastare diverse patologie come tumori incurabili, leucemie, oppure nell’identificazione e nella convalida di nuovi bersagli terapeutici oppure ancora per accelerare la riparazione dei tessuti danneggiati o malati come ad esempio post ictus.

Conservare le cellule staminali del cordone ombelicale rappresenta una forma di prevenzione e in molti casi una soluzione salvavita. Il Ministero della Salute, attraverso il decreto ministeriale “Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato” del 18 novembre 2009 (aggiornato nel 2014) consente la conservazione di cellule staminali da sangue cordonale per uso autologo-dedicato al neonato o ad un consanguineo, presso le banche di sangue placentare esistenti sul territorio nazionale e viene specificata all’allegato una lista di oltre 70 patologie per le quali questa pratica ha dato dimostrazione di successo.

Ma ad oggi qual è la situazione in Italia?

Purtroppo continuano a proliferare incontrollate agenzie commerciali che si spacciano per biobanche che promettono conservazione delle cellule staminali da cordone ombelicale fino a 30 anni presso la “loro” biobanca, ma fungono solo da intermediari e non sono direttamente delle strutture sanitarie.

“La mancanza di una normativa chiara a tutela delle famiglie crea un limbo nel quale purtroppo e ancora troppo spesso non si ha certezza di dove viene crioconservato il proprio campione – spiega Luana Piroli Direttore generale e della raccolta di In Scientia Fides – aumentando così la confusione sull’importanza di questo patrimonio biologico. Il diritto di tutelare il proprio campione non esiste e queste agenzie commerciali creano solo ulteriori danni. É molto importante che le famiglie decidano di conservare il loro patrimonio biologico presso una biobanca ovvero una struttura sanitaria che sia accreditata FactNetcord, unico ente regolatore del settore a livello internazionale che rappresenta l’unica assicurazione sulla solidità scientifica, di aggiornamento e di rilascio del campione”.

Esiste ad oggi una rete nazionale di biobanche pubbliche dove vengono crioconservati i campioni donati o viene consentita la conservazione per uso autologo dedicato, quando il nascituro o un suo consanguineo presenta, o al momento del parto o in epoca pregressa, una patologia per la quale il trapianto di cellule staminali emopoietiche è clinicamente valido oppure quando nella famiglia c’è il rischio di una malattia geneticamente trasmissibile a futuri figli per la quale il trapianto è una pratica scientificamente appropriata, ma viene conservato solo per 10 anni e non oltre i 23 così come attestato dagli studi clinici. Ma se questa patologia non esiste al momento del parto e viene scoperta in un secondo momento, purtroppo le possibilità di trovare un campione compatibile sono molto basse visto che solo nel 2.8% dei parti viene raccolto il campione di cellule staminali da sangue cordonale.

“Per ottemperare a questa problematica basterebbe attuare una collaborazione tra pubblico e privato – conclude Piroli – dove tutti i campioni vengono inseriti in un registro nazionale a disposizione della comunità internazionale, una prevenzione concreta e un gesto di solidarietà.  Chi decide di donare o di conservare per uso autologo- solidale potrà avere la certezza che il suo campione verrà conservato per più di 10 anni presso delle strutture idonee e accreditate FactNetcord. Purtroppo le stesse biobanche pubbliche solo 7 su 18 possiedono questa certificazione, quali sono dunque i criteri di verifica e tutela delle famiglie presso le altre strutture? Riteniamo sia ormai indispensabile un confronto sull’argomento per permettere all’Italia di attuare tutte le logiche di innovazione necessarie su tematiche rilevanti come la tutela e la prevenzione in ambito medico scientifico fino ad arrivare alla medicina rigenerativa”.

Oltre alla tutela delle famiglie è importante mettere in pratica strumenti innovativi e comprovati da evidenze scientifiche come l’utilizzo di cellule staminali sia ematopoietiche che mesenchimali da tessuto cordonale ma ad oggi la raccolta delle cellule staminali da cordone ombelicale viene eseguita in maniera troppo ridotta per riuscire ad ottemperare alle richieste della collettività a causa di una carente e scorretta informazione sulle opzioni a disposizione delle famiglie.

Un modello ibrido già in vigore in  Inghilterra, Spagna e Germania permetterebbe di aumentare in modo significativo il numero di campioni a disposizione di tutti e utilizzabili per le oltre 70 patologie riconosciute come idonee dal Ministero della Salute permettendo inoltre di soddisfare anche  l’esigenza da parte di gruppi etnici minori e comunità che difficilmente troverebbero campioni compatibili nell’etnia caucasica e al contempo consentirebbe alle famiglie italiane  di conservare il prezioso materiale biologico dei loro figli in modo sicuro e controllato.

In Italia alcuni centri di eccellenza hanno radunato le più brillanti menti italiane per testare l’efficacia del trapianto delle cellule staminali cordonali per il trattamento di diverse patologie. Tra questi, ad esempio, l’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola di Bologna per le malattie ematologiche e malattie dell’occhio, la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma per la retinite pigmentosa e i nati pretermine, A.O. San Martino di Genova per la sclerosi multipla o la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore di Milano per il piede diabetico e molti altri centri.

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