Ecco come il cervello regola il passaggio del tempo

Uno studio recente ha analizzato come percepiamo lo scorrere del tempo che influenza il nostro comportamento
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L’orologio interno del cervello guida il comportamento. Lo dimostra lo studio del Champalimaud Research’s Learning Lab, pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience. Gli scienziati hanno rallentato o accelerato artificialmente i modelli di attività neurale nei ratti, alterando il loro giudizio sulla durata del tempo e fornendo la prova finora più convincente sul modo in cui l’orologio interno del cervello guida il comportamento. A differenza dei più noti orologi circadiani che regolano i nostri ritmi biologici nell’arco della giornata e modellano la nostra vita quotidiana, dai cicli sonno-veglia al metabolismo, si sa molto meno di come il corpo misuri il tempo sulla scala dei secondi e dei minuti.

Lo studio si è concentrato su questa serie temporale, composta da secondi e minuti, su cui si svolge gran parte del comportamento umano. A differenza dell’esatto ticchettio dell’orologio centralizzato di un computer, il nostro cervello mantiene un senso del tempo decentralizzato e flessibile, che si pensa sia modellato dalle dinamiche delle reti neuronali disperse nell’area cerebrale. Secondo questa ipotesi, chiamata orologio di popolazione, i nostri cervelli tengono il tempo basandosi su modelli coerenti di attività che si evolvono in gruppi neurali durante il comportamento.

Come il cervello percepisce lo scorrere del tempo

Ogni volta che un sasso viene lasciato cadere, crea delle increspature che si irradiano sulla superficie secondo uno schema ripetibile; esaminando i modelli e le posizioni di queste increspature, si può dedurre quando e dove il sasso è stato lasciato cadere nell’acqua – ha detto Joe Paton, autore senior dello studio – proprio come la velocità in cui si muovono le increspature può variare, anche il ritmo con cui questi modelli di attività progrediscono nelle popolazioni di neuroni. Il nostro laboratorio è stato uno dei primi a dimostrare una stretta correlazione tra l’evoluzione veloce o lenta di queste increspature neurali e le decisioni dipendenti dal tempo” ha spiegato Paton.

I ricercatori hanno addestrato i topi a distinguere tra diversi intervalli di tempo e hanno scoperto che l’attività nello striato, una regione cerebrale profonda, segue schemi prevedibili che cambiano a velocità diverse: quando gli animali riferiscono che un determinato intervallo di tempo è più lungo l’attività si evolve più velocemente, mentre, quando lo percepiscono come più breve, l’attività si evolve più lentamente.

Il nesso della causalità

Tuttavia, la correlazione non implica la causalità. “Volevamo verificare se la variabilità della velocità della dinamica della popolazione striatale fosse semplicemente correlata o regolasse direttamente il comportamento temporale; a tal fine, avevamo bisogno di un modo per manipolare sperimentalmente queste dinamiche mentre gli animali riferivano giudizi sul tempo“, ha precisato Paton. “Non bisogna mai buttare via i vecchi strumenti“, ha detto Tiago Monteiro, uno degli autori principali dello studio.

Per stabilire il nesso di causalità, l’équipe si è rivolta a una datata tecnica della neuroscienza: la temperatura. “La temperatura è stata utilizzata in studi precedenti per manipolare le dinamiche temporali dei comportamenti, come il canto degli uccelli“, ha aggiunto Monteiro. “Il raffreddamento di una specifica regione cerebrale – ha continuato – rallenta il canto, mentre il riscaldamento lo accelera, senza alterarne la struttura; è come cambiare il tempo di un brano musicale senza influenzare le note stesse. Abbiamo pensato che la temperatura potesse essere l’ideale, perché potenzialmente ci permetterebbe di cambiare la velocità della dinamica neurale senza alterarne lo schema“.

Lo studio sull’attività neuronale

Per testare questo strumento nei ratti, gli scienziati hanno sviluppato un dispositivo termoelettrico personalizzato per riscaldare o raffreddare lo striato in modo focale, in grado di registrare contemporaneamente l’attività neurale. In questi esperimenti, i ratti sono stati anestetizzati, poi, i ricercatori hanno impiegato l’optogenetica, una tecnica che utilizza la luce per stimolare cellule specifiche, per creare ondate di attività nello striato, altrimenti dormiente.

Siamo stati attenti a non raffreddare troppo l’area, perché avrebbe interrotto l’attività, o a non riscaldarla troppo in quanto avrebbe potuto provocare danni irreversibili”, ha detto Margarida Pexirra, coautrice dello studio. I ricercatori hanno scoperto che il raffreddamento dilatava il modello di attività, mentre il riscaldamento lo contraeva, senza perturbare il modello stesso. “La temperatura ci ha fornito una manopola con cui allungare o contrarre l’attività neurale nel tempo, quindi abbiamo applicato questa manipolazione nel contesto del comportamento“, ha spiegato Filipe Rodrigues, altro autore principale dello studio.

Abbiamo addestrato gli animali a segnalare se l’intervallo tra due toni era più breve o più lungo di 1,5 secondi; quando abbiamo raffreddato lo striato, era più probabile che dicessero che un determinato intervallo era breve, mentre, quando lo riscaldavamo era più probabile che dicessero che era lungo“, ha continuato. “I risultati indicano che vi è divisione del lavoro tra due sistemi cerebrali; lo striato, infatti, decide cosa e quando fare, mentre altre strutture cerebrali si occupano di controllare il movimento in corso – ha sostenuto Patonquesti risultati potranno essere utili per combattere per malattie debilitanti come il Parkinson e la Corea di Huntington, che comportano sintomi legati al tempo e uno striato compromesso“, ha concluso.

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