Istat: nascite in calo nel primo quadrimestre 2023

Sul fronte demografico, prosegue nel 2023 il calo del numero dei residenti già in atto dalla fine del 2014
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Sul fronte demografico, prosegue nel 2023 il calo del numero dei residenti già in atto dalla fine del 2014, frutto di una dinamica naturale ampiamente negativa (più decessi che nascite), attenuata sempre meno dagli effetti positivi dei saldi migratori. È quanto emerge dal Rapporto Annuale dell’ISTAT. Dalle evidenze relative al primo quadrimestre dell’anno in corso, le nascite continuano a diminuire, registrando l’1,1 per cento in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Per i decessi si osserva una riduzione dell’8,3 per cento, un dato in controtendenza rispetto al forte aumento che aveva caratterizzato drammaticamente il triennio precedente.

Nel 2022 diversi fattori contingenti hanno influenzato la dinamica demografica: l’uscita dallo stato di emergenza sanitaria, che ha dato nuovo impulso alla mobilità interna e internazionale, l’aumento di cittadini in cerca di protezione umanitaria in seguito alla guerra in Ucraina e l’eccesso di caldo nei mesi estivi, che si è tradotto in un nuovo picco di decessi nella popolazione anziana. Al 31 dicembre 2022, i residenti in Italia ammontano a 58 milioni e 851 mila, 179 mila in meno rispetto all’inizio dell’anno.

I cittadini stranieri sono 5.050.257, il 51 per cento dei quali donne, in lieve aumento rispetto al 2021, e costituiscono l’8,6 per cento dei residenti. Se si considera la dinamica naturale tra nati e morti, il 2022 si contraddistingue per un nuovo record del minimo di nascite (393 mila, per la prima volta dall’Unità d’Italia sotto le 400 mila) e per l’elevato numero di decessi (713 mila). Nel 2022, le iscrizioni anagrafiche dall’estero ammontano a 361 mila, con un forte impulso dettato anche dai movimenti migratori dovuti alla guerra in Ucraina scoppiata a fine febbraio dello stesso anno.

La presenza stabile della comunità ucraina (225 mila censiti a fine 2021) spiega l’effetto di attrazione esercitato dall’Italia sui profughi della guerra. Il rallentamento dei flussi in uscita, osservato a partire dall’anno della pandemia, prosegue nel 2022, pur in assenza di vincoli agli spostamenti. Le cancellazioni dall’anagrafe per l’estero scendono a 132 mila. La fecondità della popolazione residente torna ai livelli del 2020 (1,24 figli in media per donna nel 2022), ma resta al di sotto del periodo pre-pandemico (1,27 nel 2019).

La persistente bassa fecondità è uno dei tratti distintivi dell’evoluzione demografica del nostro Paese e ha prodotto negli ultimi decenni una consistente erosione della platea dei potenziali genitori, a cui si deve un effetto importante del calo delle nascite che osserviamo oggi. Nel passaggio di un ideale testimone tra una generazione di genitori (i nati del baby boom) e quella dei loro figli (i nati della metà degli anni Novanta), i contingenti si sono pressoché dimezzati.

L’evoluzione del numero medio di figli per donna in Italia continua a essere fortemente condizionato, inoltre, dalla posticipazione della genitorialità verso età più avanzate. L’età media al parto per le donne residenti in Italia è aumentata di dodici mesi dal 2010 al 2020, mentre è rimasta stabile nel 2021 e nel 2022, a 32,4 anni. C’è poi il tema della longevità. I livelli di sopravvivenza della popolazione, nel 2022, restano ancora inferiori a quelli del periodo pre-pandemico, con una perdita di oltre 7 mesi in termini di anni mediamente vissuti rispetto al 2019, sia tra gli uomini, sia tra le donne. Alla nascita, la stima della speranza di vita è di 80,5 anni per gli uomini e di 84,8 anni per le donne. Dal 2021, gli uomini hanno recuperato circa 2 mesi e mezzo di vita.

Per le donne, invece, il valore della speranza di vita alla nascita rimane invariato rispetto al 2021. Il rallentamento del ritmo di crescita della speranza di vita delle donne costituisce un processo che si era manifestato già prima del 2020, ma la pandemia, nel suo insieme, ha rafforzato tale tendenza. L’impatto della crisi sul sistema sanitario, e la conseguente difficoltà nella programmazione di visite e controlli medici sono stati più accentuati per le donne, più inclini degli uomini a fare prevenzione.

La speranza di vita all’età di 65 anni è stimata nel 2022 in 18,9 anni per gli uomini e 21,9 anni per le donne. Anche in questo caso, il confronto con Sintesi 7 l’anno precedente evidenzia un guadagno solo per gli uomini (+0,1), mentre per le donne si ha la perdita di un punto decimale. Rispetto al 2019 persiste una perdita di circa sei mesi per gli uomini e di oltre otto mesi per le donne, a ulteriore conferma che la pandemia ha avuto effetti negativi soprattutto tra la popolazione più anziana e, in particolare, femminile.

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