Scienza: la vita evolve sempre, anche se e’ sintetica

La vita, anche in cellule sintetiche minime, trova un modo per svilupparsi ed evolvere
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La vita, anche in cellule sintetiche minime, trova un modo per svilupparsi ed evolvere. Lo dimostra lo studio guidato da Jay T. Lennon, professore presso il College of Arts and Sciences Department of Biology dell’Indiana University Bloomington, pubblicato su Nature. Lennon e i suoi colleghi hanno studiato una cellula minima costruita sinteticamente e privata di tutti i geni tranne quelli essenziali. I ricercatori hanno scoperto che questa cellula snella puo’ evolversi con la stessa velocita’ di una cellula normale, dimostrando la capacita’ di adattamento degli organismi, anche con un genoma innaturale che sembrerebbe fornire poca flessibilita’.

Per il loro studio, gli scienziati hanno utilizzato l’organismo sintetico Mycoplasma mycoides JCVI-syn3B, una versione ridotta del batterio M. mycoides che si trova comunemente nell’intestino di capre e animali simili. Nel corso dei millenni, il batterio parassita ha perso naturalmente molti dei suoi geni, poiche’ si e’ evoluto dipendendo dal suo ospite per la nutrizione. I ricercatori del J. Craig Venter Institute in California hanno fatto un ulteriore passo avanti. Nel 2016 hanno eliminato il 45% dei 901 geni del genoma naturale di M. mycoides, riducendolo al piu’ piccolo insieme di geni necessari per una vita cellulare autonoma.

Con 493 geni, il genoma minimo di M. mycoides JCVI-syn3B e’ il piu’ piccolo di qualsiasi organismo a vita libera conosciuto. In confronto, infatti, molti genomi di animali e piante contengono piu’ di 20.000 geni. In linea di principio, l’organismo piu’ semplice non avrebbe ridondanze funzionali e possiederebbe solo il numero minimo di geni essenziali per la vita. Qualsiasi mutazione in un organismo di questo tipo potrebbe interrompere letalmente una o piu’ funzioni cellulari, ponendo vincoli all’evoluzione.

Gli organismi con genomi semplificati hanno meno bersagli su cui puo’ agire la selezione positiva, limitando cosi’ le opportunita’ di adattamento. Sebbene M. mycoides JCVI-syn3B fosse in grado di crescere e dividersi in condizioni di laboratorio, Lennon e colleghi volevano sapere come una cellula minima avrebbe risposto alle forze dell’evoluzione nel corso del tempo, in particolare data la limitatezza delle materie prime su cui la selezione naturale poteva operare e l’apporto non caratterizzato di nuove mutazioni.

“Ogni singolo gene del suo genoma e’ essenziale”, ha detto Lennon riferendosi a M. mycoides JCVI-syn3B. “Si potrebbe ipotizzare che non ci sia spazio per le mutazioni, il che potrebbe limitare il suo potenziale evolutivo”, ha continuato Lennon. I ricercatori hanno stabilito che M. mycoides JCVI-syn3B, in effetti, ha un tasso di mutazione eccezionalmente alto. Lo hanno quindi coltivato in laboratorio, dove e’ stato lasciato evolvere liberamente per 300 giorni, equivalenti a 2000 generazioni batteriche o a circa 40.000 anni di evoluzione umana.

Il passo successivo e’ stato quello di impostare esperimenti per determinare come le cellule minime che si erano evolute per 300 giorni si comportassero rispetto al M. mycoides originale, non minimale, e a un ceppo di cellule minime che non si erano evolute per 300 giorni.  Nei test di confronto, i ricercatori hanno messo insieme, in una provetta, quantita’ uguali dei ceppi da valutare. Il ceppo piu’ adatto al suo ambiente e’ diventato quello piu’ comune.

Il gruppo di ricerca ha scoperto che la versione non minimale del batterio superava facilmente la versione minimale non evoluta. Il batterio minimo che si e’ evoluto per 300 giorni, tuttavia, si e’ sviluppato meglio. I ricercatori hanno identificato i geni che sono cambiati di piu’ durante l’evoluzione. Alcuni di questi geni erano coinvolti nella costruzione della superficie della cellula, mentre le funzioni di molti altri rimangono sconosciute.

Capire come organismi con genomi semplificati superino le sfide evolutive ha importanti implicazioni per problemi di lunga data in biologia, tra cui il trattamento di agenti patogeni clinici, la persistenza di endosimbionti, particolari forme di simbiosi nella quale un organismo vive all’interno di un altro organismo, il perfezionamento di microrganismi ingegnerizzati e l’origine della vita stessa.

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