El Niño quest’anno potrebbe portare le temperature oceaniche a “superare sostanzialmente” quelle registrate durante l’ultimo forte evento all’inizio del 2016, hanno avvertito gli scienziati. L’ultimo aggiornamento fornito dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) riporta inoltre che esiste una probabilità superiore al 95% che l’evento duri fino a febbraio 2024, con conseguenze climatiche di vasta portata. “Si prevede che El Niño continui durante l’inverno dell’emisfero settentrionale“, spiega la NOAA. “I nostri modelli climatici globali prevedono che le condizioni dell’Oceano Pacifico più calde della media non solo dureranno per tutto l’inverno, ma continueranno ad intensificarsi“.
El Niño, conseguenze e monitoraggio
Gli scienziati hanno annunciato ufficialmente l’inizio di El Niño all’inizio di giugno. Come noto, si tratta di un evento di riscaldamento degli oceani che si verifica in genere ogni 2 o 7 anni nel Pacifico centrale e orientale, determinando l’incremento della temperatura dell’aria in tutto il mondo. I suoi impatti climatici più rilevanti si avvertono solitamente durante l’inverno e l’inizio della primavera dell’emisfero settentrionale, portando più piogge e tempeste negli Stati Uniti meridionali, nel Sud/Est del Sud America, nel Corno d’Africa e nell’Asia orientale. In altre parti del mondo, come l’Africa sudorientale e l’Indonesia, El Niño porta a condizioni più siccitose e può aumentare i rischi connessi.
Per monitorare El Niño, gli scienziati hanno misurato le temperature della superficie del mare nell’Oceano Pacifico tropicale centro-orientale. Temperature anormalmente elevate sembrano confermare le prime previsioni secondo cui l’evento di quest’anno potrebbe essere importante. Anche le condizioni atmosferiche sono coerenti con un El Niño di lunga durata, secondo la NOAA. “El Niño è un fenomeno combinato, il che significa che i cambiamenti che osserviamo nelle temperature superficiali dell’oceano devono corrispondere ai cambiamenti nei modelli atmosferici sopra il Pacifico tropicale,” riporta l’aggiornamento. Più pioggia e nubi sul Pacifico centrale, così come debole pressione a Est e ridotta attività degli Alisei a Ovest, suggeriscono che “il sistema è attivo e che queste condizioni dureranno per tutto l’inverno,” si legge nel report NOAA.
Le temperature della superficie del mare nel Pacifico tropicale centro-orientale hanno superato la media a lungo termine dal 1991 al 2020 di 1°C per tutto il mese di luglio. Le temperature da maggio a luglio – una media di 3 mesi chiamata Oceanic Niño Index – sono state 0,8°C più alte del solito e hanno contrassegnato il secondo Oceanic Niño Index più caldo della media consecutiva. “Dobbiamo osservare 5 medie consecutive di 3 mesi al di sopra di questa soglia prima che questi periodi vengano considerati un ‘episodio storico di El Niño’,” riporta l’aggiornamento. “Due è un buon inizio“. C’è “una buona possibilità” che l’Oceanic Niño Index corrisponda o superi la soglia per un “forte” El Niño, secondo il report.
Secondo i previsori l’evento rimarrà forte fino al prossimo anno, anche se ciò non equivale necessariamente a forti impatti a livello locale.
El Niño e la stagione degli uragani
El Niño influenza i modelli meteorologici globali, così come le stagioni degli uragani dell’Atlantico e del Pacifico. L’evento di solito smorza gli uragani sull’Oceano Atlantico, ma le temperature dell’acqua di quest’anno potrebbero influenzare questo effetto, secondo il Climate Prediction Center della NOAA. Un aggiornamento sugli uragani fornito a maggio prevedeva una probabilità del 30% di maggiore attività sull’Atlantico, mentre l’ultima previsione riporta che esiste una probabilità del 60% di una “stagione superiore al normale“, con un massimo di 21 tempeste con nome e 5 grandi uragani.