Fukushima, al via lo scarico in mare delle acque: “Soluzione meno dannosa”

Da giovedi' il Giappone dara' il via allo scarico in mare delle acque trattate della centrale nucleare di Fukushima, danneggiata dallo tsunami del 2011
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Da giovedi’ il Giappone dara’ il via allo scarico in mare delle acque trattate della centrale nucleare di Fukushima, danneggiata dallo tsunami del 2011. L’operazione, che fa scattare l’allarme dei Paesi vicini, e’ stata pero’ convalidata il mese scorso l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), valutata da diversi esperti come “la meno dannosa” delle opzioni.

E’ di questo parere Tony Hooker, esperto australiano di radiazioni, professore associato dell’Universita’ di Adelaide e membro del comitato consultivo scientifico – composto da cinque persone – del Forum delle isole del Pacifico sulla proposta di smaltimento di 1,3 milioni di tonnellate di acque reflue trattate nell’oceano. Per Hooker – intervistato dalla rivista scientifica australiana Cosmos Magazine, pubblicata dalla Royal Institution of Australia che si occupa di scienza a livello globale – “la proposta di rilasciare l’acqua dalla centrale nucleare di Fukushima nell’oceano e’ abbastanza concreta da poter iniziare, almeno a breve termine”.

Il docente universitario ha visitato l’impianto di Fukushima, nel Nord-Est del Giappone, a febbraio scorso, mentre stava nevicando, e ha avuto colloqui con l’operatore della stazione TEPCO, il governo giapponese e l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). Secondo lui, “sebbene questo piano di smaltimento soddisfi i requisiti scientifici e normativi per lo smaltimento delle radiazioni in mare e non sia probabile che si osservino impatti sull’ambiente o sulla salute umana, c’e’ una crescente richiesta di usare i nostri oceani e mari come discariche quando in realta’ sono gia’ stressati e danneggiati”.

L’esperto australiano ha quindi analizzato che i problemi complessi dell’operazione in procinto di cominciare devono essere valutati anche in base ad una serie di altre considerazioni. Tra queste il fatto che a preoccupare e’ “la sicurezza dello stoccaggio di questo volume d’acqua in attesa di altri terremoti e/o tsunami”, motivo per cui i giapponesi sono anche mossi dalla “necessita’ di liberare spazio per i rifiuti radioattivi solidi in modo che i reattori possano essere smantellati come parte del processo di smantellamento”.

viene raccolta, filtrata e immagazzinata nel sito, ma le capacita’ disponibili saranno presto esaurite: 1,34 milioni di tonnellate, l’equivalente di quasi 540 piscine olimpiche, sono state accumulate in piu’ di mille vasche giganti. Dopo anni di riflessione, il Giappone ha optato nel 2021 per la soluzione dello scarico in mare a un chilometro dalla costa, tramite un condotto sottomarino costruito a tale scopo. Finita la fase di emergenza, e’ giunta l’ora dell’attuazione di un piano pianificato da TEPCO e dal governo di Tokyo.

La rivista Cosmos ha ricordato che questo piano prevede che l’acqua da rilasciare debba avere un contenuto inferiore a 1.500 Becquerel per litro (o Bq, unita’ di misura della radioattivita’), che e’ ben al di sotto del limite raccomandato di 10 mila Bq/L fissato dall’Organizzazione Mondiale della Sanita’ (Oms) per l’acqua potabile e di 60 mila per questa categoria di acqua. “Quest’acqua e’ una combinazione di acqua utilizzata per raffreddare i reattori danneggiati, acque sotterranee contaminate a seguito del terremoto e dello tsunami, nonche’ acqua piovana catturata sul posto”, ha precisato Hooker. Tuttavia sta di fatto che “e’ tecnicamente vero che 1,3 milioni di tonnellate di acqua previste per il rilascio da Fukushima nell’Oceano Pacifico saranno radioattive”, anche se – argomenta l’esperto australiano – “il livello di radiazioni deve essere contestualizzato”.

Il rilascio, secondo le stime, dovrebbe essere completato in 40 anni e prevede lo scarico quotidiano in acqua di 500 tonnellate. In base alle ultime analisi rese note, l’acqua attualmente contenuta nei serbatoi del sito di Fukushima contiene circa 64 radionuclidi. Utilizzando l’Advanced Liquid Processing System (ALPS), 62 radionuclidi vengono rimossi dall’acqua, a eccezione del carbonio-14 e del radionuclide piu’ preoccupante, il trizio. Prima dello smaltimento in mare, l’acqua triziata viene ulteriormente diluita utilizzando acqua di mare.

Per decenni, del trizio e’ stato regolarmente rilasciato nell’acqua dalle centrali nucleari in funzione in tutto il mondo, cosi’ come dagli impianti di trattamento dei rifiuti nucleari, ad esempio a La Hague in Francia, ha ricordato Hooker, eppure “non abbiamo individuato alcun impatto sull’ambiente o sulla salute”. “Tutta l’acqua deve essere analizzata da un laboratorio di radiazioni indipendente di terze parti per la presenza e l’attivita’ di radionuclidi prima di qualsiasi rilascio”, aveva gia’ suggerito Hooker nei mesi scorsi. Per lui, il vantaggio dell’ALPS consiste nel fatto che “l’acqua puo’ essere ulteriormente pulita ripetendo il processo ALPS se non soddisfa i requisiti normativi stabiliti dal piano di gestione dell’esposizione alle radiazioni pianificato”.

Nel contempo in loco, se l’area circostante la centrale elettrica di Fukushima Daiichi e’ ancora una zona interdetta con danni visibili causati dallo tsunami e dalla successiva evacuazione, i giapponesi stanno iniziando a riqualificare la zona al di fuori della zona vietata. “Il sito stesso della centrale nucleare e’ un alveare di attivita’ con molte persone che lavorano a turni per ripulire il sito e le aree circostanti”, ha testimoniato Hooker in riferimento alla sua ultima visita all’impianto.

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