Infermiera serial killer uccide 7 neonati: ritenuta colpevole, shock nel Regno Unito

L’infermiera Lucy Letby, la serial killer di bimbi più prolifica del Regno Unito, è stata riconosciuta colpevole: verso la condanna a vita
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L’infermiera Lucy Letby è stata dichiarata colpevole di aver ucciso sette bambini in un’unità neonatale e di aver tentato di ucciderne altri sei tra giugno 2015 e giugno 2016 nel Countess of Chester Hospital nel Cheshire, nord-ovest dell’Inghilterra. “È diventata la serial killer di bambini più prolifica del Regno Unito nei tempi moderni”, scrivono la BBC e il Guardian. La 33enne è stata condannata per l’omicidio “persistente, calcolato e a sangue freddo” di neonati prematuri. “Tra le sue vittime c’erano due fratellini gemelli, uccisi a distanza di 24 ore l’uno dall’altro, un neonato di peso inferiore a 1 kg (2 libbre) a cui è stata iniettata aria, e una bambina nata prematura di 10 settimane uccisa al quarto tentativo”, precisa ancora il Guardian. Secondo la BBC, la donna avrebbe usato anche altri mezzi: ha nutrito alcuni bambini forzatamente con il latte e avvelenato due bimbi con l’insulina.

La donna è stata condannata a seguito di un’indagine durata due anni da parte della Polizia del Cheshire sull’allarmante e inspiegabile aumento di decessi e collassi quasi fatali dei bambini prematuri in ospedale. Prima di giugno 2015, fa sapere la BBC, c’erano meno di tre morti di bambini all’anno nell’unità neonatale. Alla fine, l’infermiera è stata denunciata alla Polizia nel 2017 e arrestata nel 2018. I verdetti sono stati pronunciati nel Tribunale della Corona di Manchester, dopo uno dei processi per omicidio più lunghi degli ultimi tempi.

In totale sono stati 22 i capi d’imputazione. I primi verdetti di colpevolezza sono stati letti dal capo della giuria l’8 agosto, dopo 76 ore di deliberazioni, mentre la seconda serie di verdetti di colpevolezza è stata emessa l’11 agosto. L’imputata è stata dichiarata non colpevole di due accuse di tentato omicidio. Letby ha costantemente negato le accuse, dicendo ai giurati di essere stata “devastata” dalle accuse: “ho sempre e solo fatto del mio meglio per prendermi cura di loro. Sono qui per aiutare e prendermi cura, non per fare del male“, riporta il Guardian.

Ma dopo un processo durato 10 mesi, la giuria di sette donne e quattro uomini ha deciso che era colpevole di aggressioni che l’accusa ha definito “persistenti, calcolate e a sangue freddo”. Il suo team di difesa ha invece sostenuto che le morti erano il risultato di “fallimenti seriali nelle cure” all’interno dell’unità e che lei era vittima di un “sistema che voleva attribuirle la colpa quando falliva”. A rispondere è stato il procuratore senior della Corona, Pascale Jones, ricordando che l’infermiera “ha fatto del suo meglio per nascondere i suoi crimini, variando i modi in cui ha ripetutamente danneggiato i bambini affidati alle sue cure“. È stata descritta nel corso del processo come una “calcolatrice“, in quanto ha scelto metodi per eliminare le sue vittime che lasciavano poche tracce, oltre a far di tutto per coprirle agli occhi dei colleghi. “Nelle sue mani, sostanze innocue come aria, latte o farmaci come l’insulina sono diventati letali. Ha usato come arma il suo mestiere per infliggere danni, dolore e morte”, ha affermato il procuratore Pascale Jones. “Più e più volte ha fatto del male ai bambini, in un ambiente che avrebbe dovuto essere sicuro per loro e per le loro famiglie”, ha aggiunto, affermando che “i genitori sono stati esposti alla sua morbosa curiosità e alla sua finta compassione”.  

La condanna per Letby, probabilmente a vita, sarà letta lunedì 21 agosto alla Manchester Crown Court. I media britannici parlano di una delle peggiori vicende nella storia dell’NHS, il servizio sanitario britannico, che proprio il mese scorso ha celebrato i 75 anni di storia. Il governo britannico ha annunciato il lancio di un’inchiesta indipendente: esaminerà le circostanze di quanto avvenuto nella struttura della sanità pubblica inglese per garantire alle famiglie delle vittime “le risposte di cui hanno bisogno”.

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