Oggi, 19 settembre, l’HBV International meeting a Kobe, in Giappone, assegna a Luca Guidotti, vicedirettore scientifico dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e professore ordinario di Patologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, il premio alla carriera 2023 per la sua pionieristica attività di ricerca, che ha portato a scoperte fondamentali nel campo della patogenesi dell’infezione da virus dell’epatite B (HBV) e dello sviluppo di antivirali per il trattamento dell’epatite cronica.
Inaugurato nel 1985 dai due famosi scienziati Jesse Summers (membro della National Academy of Sciences americana) e Harold Varmus (ex-direttore del National Institute of Health (NIH), sempre negli Stati Uniti), l’HBV International meeting – che ruota intorno a Asia, America ed Europa – riunisce ogni anno centinaia di scienziate e scienziati di fama internazionale che studiano diversi aspetti dell’infezione da HBV, dalla virologia molecolare alla patogenesi e immunologia, fino ai più recenti progressi terapeutici.
Da 5 anni è stato istituito un comitato tecnico di 30 scienziati internazionali che vota il premio alla carriera, designando ricercatori che hanno portato avanti scoperte fondamentali nella loro professione. Quest’anno, all’unanimità, è stato votato il professor Guidotti per il suo impegno nel campo della patogenesi e dello sviluppo di antivirali contro HBV.
Il professor Luca Guidotti è un virologo e immunologo di fama internazionale. Ha lavorato più di vent’anni presso lo Scripps Research Institute di La Jolla in California e attualmente è professore ordinario di Patologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e vicedirettore scientifico dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, dove ricopre anche il ruolo di responsabile del laboratorio di Immunopatologia nella Divisione di Immunologia, trapianti e malattie infettive.
“Il mio interesse nei confronti del virus dell’epatite B è iniziato nei primi anni Novanta, insieme al Prof. Frank Chisari presso lo Scripps Research Institute in California. Al tempo si conosceva poco di questo virus, ma nuovi orizzonti di ricerca si sono aperti grazie alla realizzazione di un modello murino geneticamente modificato che riusciva a replicare il virus. Questa singola scoperta ha permesso la comprensione dei meccanismi di malattia alla base dell’infezione da HBV e, soprattutto, ha fortemente accelerato lo sviluppo di alcuni antivirali (i cosiddetti analoghi nucleotidici che inibiscono la polimerasi virale) che hanno salvato e salvano ancor oggi la vita di milioni di persone”, racconta il professor Guidotti. “È a partire da quegli anni di fermento scientifico e culturale che decisi di dedicare la mia carriera allo studio di HBV che, ricordiamo, nella sua forma cronica provoca ancora almeno un milione di morti l’anno”.
Luca Guidotti ha pubblicato sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali come Cell, Nature, Nature Medicine e Science ed è risultato vincitore di importanti finanziamenti da parte del National Institute of Health (NIH) americano e dell’European Research Council (ERC).
Epatite B: il contributo di Luca Guidotti
I numerosi finanziamenti sopra citati sottolineano, come nel corso della sua carriera, Guidotti sia stata una figura cardine nella ricerca su HBV, definendo aspetti importanti della virologia, della patogenesi e dell’immunologia di questo virus, oltre a contribuire allo sviluppo di diversi farmaci oggi in clinica.
“L’assenza di una terapia curativa contro HBV è un problema enorme: nel mondo sono ancora più di 300 milioni i portatori di epatite B cronica, un’infezione che costituisce la prima causa al mondo di tumore al fegato. I vaccini in uso sono in grado di prevenire l’infezione ma non di curare l’infezione cronica, per la quale esistono pochi farmaci antivirali (come detto sopra gli analoghi nucleotidici). Come nel caso dei farmaci anti-HIV, questi antivirali vanno assunti per tutta la vita per evitare pericolosi rebound virali e di malattia epatica. Ecco perché sviluppare nuovi farmaci più efficaci contro HBV costituisce una priorità sanitaria assoluta”, afferma Guidotti.
Negli ultimi anni Guidotti e i suoi collaboratori hanno identificato una nuova classe di antivirali che potrebbe contribuire a una cura definitiva dell’epatite B cronica: small molecules somministrabili oralmente che impediscono la formazione del capside virale e, conseguentemente, la replicazione del virus. “Lo sviluppo di questi farmaci è oggigiorno in fase di sviluppo in collaborazione con un’azienda biotech americana” conclude Guidotti “e si prevede che le sperimentazioni sull’uomo possano iniziare tra poco più di un anno”.