Conto salato per la pesca italiana, a causa dell’invasione del granchio blu. Il danno economico attuale causato sarebbe già attorno ai 100 milioni di euro: a stimarlo è Fedagripesca–Confcooperative che ha segnalato all’Adnkronos come nei mesi estivi, sia già stato perso oltre il 50% della produzione di vongole e cozze, “ma il granchio blu non attacca solo il prodotto pronto per la commercializzazione ma mangia anche il novellame, mettendo a rischio le produzioni dei prossimi anni” i pesci appena nati di acciughe e sardine. “Stiamo esaurendo, infatti, le scorte di vongole e cozze. Da novembre la produzione si fermerà, non c’è più seme per le produzioni dei prossimi tre anni. Un effetto domino che, senza inversione di tendenza, in un triennio potrebbe portare un buco nei conti della pesca vicino al miliardo di euro,” ha evidenziato Fedagripesca. Una stima che tiene conto non solo delle mancate vendite, ma anche dei danni agli impianti, dei costi sostenuti dagli operatori per lo smaltimento dei granchi pescati, senza contare l’indotto legato alla ristorazione. Con un raccolto di 50mila tonnellate all’anno l’Italia è il primo produttore europeo e il secondo a livello mondiale di vongole veraci.
L’invasione del granchio blu nel Delta de Po, tra la Sacca di Scardovari e la Laguna di Barbamarco in Veneto e tra Goro e Comacchio nel ferrarese, rischia di far scomparire le vongole dalle tavole di Natale quest’anno, secondo le stime di Fedagripesca Confcooperative per l’Adnkronos che per l’autunno, fino a novembre, proprio a ridosso del periodo di maggior richiesta di vongole, legato alle festività di Natale, prevedono una produzione tagliata del 60 -70% con una perdita in termini economici che a fine anno potrebbe fare mancare dalle casse dei pescatori tra i 60 e i 70 milioni di euro. Anche se le somme si potranno fare solo ad inizio del nuovo anno.
“Con il granchio blu nei nostri mari dovremo convivere, non abbiamo altre soluzioni. L’eradicazione di specie invasive è possibile sulla terra, per esempio la derattizzazione completa di un’area, ma il mare è così fortemente connesso che quando una specie si è stabilita, eliminarla non è più possibile. Dobbiamo quindi puntare alla gestione sul lungo termine, eliminando ogni anno una parte della popolazione per ridurre l’impatto sull’ecosistema. E possibilmente introdurlo nei nostri consumi“: lo ha spiegato all’Adnkronos Salute Ernesto Azzurro, dirigente di ricerca all’Istituto per le Risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Irbim-Cnr) di Ancona, che ha evidenziato l’importanza “di avere una stima della popolazione di granchio blu presente. Questo ci darebbe la possibilità di capire se i quantitativi che rimuoviamo porteranno a un risultato. Su queste ricerche siamo impegnati“.
“Questa specie – ha proseguito l’esperto – è presente da tempo nei nostri mari. E’ arrivato, con tutta probabilità, con le acque di zavorra delle navi. Nel 1949 è stato avvistato per la prima volta nell’Adriatico, si è espanso molto velocemente e poi è esploso negli ultimi anni“. Il lungo periodo di ‘latenza’ “è un classico delle invasioni biologiche. E’ come quando contraiamo delle malattie: arriva il patogeno ma non necessariamente ci ammaliamo subito, l’incubazione può essere diversa. Una cosa simile accade nelle invasioni biologiche. Alcune specie che si introducono in un ecosistema non danno nessun problema, altre possono avere una crescita esplosiva, ma non è facile sapere quando e se accadrà. Il granchio blu ci ha messo oltre 70 anni dalla prima segnalazione. Il tempo di latenza è una delle cose più difficilmente prevedibili nella biologia delle invasioni, perché dipende da moltissimi fattori, anche interni alle popolazioni degli ‘invasori’“.
A preoccupare è anche la caratteristica principale del granchio blu “che è fortemente opportunista. Riesce a predare qualsiasi specie presente nell’ecosistema, sicuramente mitili, vongole, pesci, invertebrati, alghe. E quando non c’è rimasto più nulla può addirittura cannibalizzarsi. Ha la capacità di sfruttare fino all’ultima goccia di energia di un ecosistema“.
Attualmente nel Mediterraneo, ha concluso Azzurro, “le specie invasive di granchi blu sono 2. La prima viene dell’Atlantico, la seconda dal Mar Rosso, entrata attraverso il canale di Suez. Questa seconda specie ha colonizzato tutti i Paesi del Mediterraneo orientale, arrivando, recentemente anche sulle coste italiane, in particolare al Sud. Ha caratteristiche molto simili a quelle del granchio blu americano. La sua presenza è enormemente cresciuta nel 2016 in Tunisia, mettendo in ginocchio la piccola pesca tunisina, ma adesso è considerata la prima risorsa di pesca del Paese, dove viene pescato, commercializzato lavorato ed esportato. Recentemente ne abbiamo segnalato la presenza, in un articolo scientifico, anche nell’Adriatico“.