Dopo anni di attesa e duro lavoro, la missione OSIRIS-REx (Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification and Security – Regolith Explorer) della NASA ha superato la prova più difficile: l’atterraggio della capsula con a bordo materiale raccolto dall’asteroide Bennu, avvenuto ieri in un’area dello Utah Test and Training Range del Dipartimento della Difesa, vicino a Salt Lake City. Nel giro di un’ora e mezza, la capsula è stata trasportata in elicottero in una camera bianca temporanea allestita in un hangar sul campo di addestramento, dove è stata collegata a un flusso continuo di azoto, un gas che non interagisce con la maggior parte delle altre sostanze chimiche. Un flusso continuo di questo gas nel contenitore del campione all’interno della capsula terrà fuori i contaminanti terrestri per lasciare il campione puro per le analisi scientifiche. Il campione di Bennu – circa 250 grammi – sarà trasportato oggi in aereo nel suo contenitore sigillato al Johnson Space Center della NASA a Houston.
I campioni raccolti su Bennu aiuteranno gli scienziati di tutto il mondo a comprendere meglio la formazione dei pianeti e l’origine delle sostanze organiche e dell’acqua che hanno portato alla vita sulla Terra, oltre a fornire ulteriori informazioni sugli asteroidi potenzialmente pericolosi come Bennu.
Tra i circa 200 ricercatori di tutto il mondo che si preparano a studiare i campioni dell’asteroide ci sono anche 3 italiani: lo ha riferito all’ANSA Maurizio Pajola, dell’osservatorio di Padova dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, che venerdì si recherà negli Stati Uniti, a Houston. Oltre a Pajola, in Italia studieranno i campioni il gruppo di John Brucato, dell’osservatorio di Arcetri dell’INAF, e quello di Elisabetta Dotto, dell’osservatorio di Roma dell’INAF.
Ci vorranno mesi prima che i campioni siano distribuiti ai laboratori. “Dovranno essere condotti negli Stati Uniti gli studi preliminari sulla natura dei campioni, prima di classificarli e distribuirli“, osserva Brucato. Di sicuro, l’attesa è grandissima perché Bennu appartiene a una famiglia di asteroidi primitivi, chiamati condriti carbonacee, che si ritiene risalgano all’epoca della formazione del Sistema Solare e possano contenere acqua e materiali organici. “Si pensa che oggetti come Bennu abbiano rilasciato sulla Terra, appena formata, acqua e materiale organico che hanno poi portato allo sviluppo della vita sul nostro pianeta“, dice Elisabetta Dotto. “L’impresa realizzata da OSIRIS-REx è quindi di fondamentale importanza per la scienza – aggiunge la ricercatrice – perché ha permesso di far arrivare sulla Terra materiale primordiale proveniente da uno dei corpi meno evoluti del Sistema Solare, senza che, al suo arrivo, venisse contaminato dall’ambiente terrestre”.
Ora la sfida è continuare a evitare che la contaminazione avvenga. “È necessario, in quanto il rischio non è che il materiale dell’asteroide contamini la Terra, ma che l’atmosfera terrestre contamini i campioni“, spiega Pajola. La capsula, ancora chiusa, verrà sottoposta nei prossimi giorni a una sorta di Tac, che aiuterà a capire come i frammenti sono distribuiti al suo interno. “Analizzerò le immagini per identificare le taglie. Conoscere le dimensioni dei campioni prelevati sulla superficie dell’asteroide è importante anche per poter decidere come distribuirli nei centri di ricerca, ma è anche una fonte preziosa di informazioni scientifiche”, dice ancora Pajola. Solo dopo questa primissima fase di analisi si procederà all’apertura della capsula, prevista non prima della prossima settimana. Poi è in programma un lungo periodo di studi, durante il quale i campioni saranno conservati in contenitori pieni di azoto puro, come stato fatto per le rocce lunari portate a Terra dalle missioni Apollo.
“Ci troviamo di fronte a una capsula del tempo – dice Brucato – perché si è andati a prelevare dei campioni da un corpo primitivo, che ha la stessa età del Sistema Solare. Ci aspettiamo di trovare materia organica, come amminoacidi“, aggiunge riferendosi al fatto che asteroidi simili a Bennu “sono caduti in abbondanza sulla Terra, nelle prime fasi di formazione del nostro pianeta“. Identificare la materia organica al loro interno è quanto intende fare Brucato quando i campioni saranno nel suo laboratorio: “finora nei meteoriti sono stati trovati amminoacidi, ma poiché l’analisi è avvenuta dopo molto tempo non si è mai sicuri che la materia organica non sia di origine terrestre”. Questa volta potrebbe arrivare la conferma dell’origine extraterrestre dei materiali che costituiscono i mattoni della vita.