Non solo migliaia di morti. Mentre il Marocco piange ancora le vittime del forte terremoto avvenuto nella notte tra 8 e 9 settembre, inizia il censimento dei danni al patrimonio artistico e culturale, con moschee e palazzi storici distrutti o gravemente danneggiati. La commissione incaricata dal governo di eseguire il censimento dei siti di valore nella regione di Al Haouz, la più colpita dal sisma, indica che sono 27 quelli crollati o in gravi condizioni. “Abbiamo perso un enorme patrimonio d’arte e d’architettura. Ora è il momento dell’emergenza, poi però dovremo salvare quel che resta della nostra cultura e della nostra identità. Anche questo fa parte della nostra vita. Abbiamo un quadro abbastanza chiaro dei danni“. Lo dice all’ANSA Karim Rouissi, architetto e Professore all’Università Euromediterranea di Fes.
Alcuni siti sono stati giudicati in “gravi condizioni“, come la Moschea di Tinmell, capolavoro dell’arte Almohade del XII secolo, andata quasi completamente distrutta, nel comune di Tlat N’Yaaqoub, a pochi chilometri dall’epicentro del sisma. “È l’archetipo dell’arte di quel periodo – spiega Rouissi -. Da qui derivano la moschea incompiuta della Torre Hassan di Rabat e la Koutubia di Marrakech oltre che molti esempi dell’arte arabo-andalusa. Magari non era proprio sulla rotta del turismo di massa, ma fa male sapere che, nonostante fosse in fase di restauro, ora sia ridotta in macerie. Sono ottimista, credo che si possa ricostruire, proprio per i restauri abbiamo ogni sorta di documentazione“. “Ma come si potrà recuperare il granaio collettivo a pochi metri da quella moschea? È l’idea in nuce della banca, solo che al posto di denaro e titoli custodiva grano e sementi. E le sinagoghe dei centri più piccoli? Il censimento è in continuo aggiornamento”, spiega.
“Questo terremoto può diventare l’occasione per occuparci ancora meglio del nostro patrimonio, perché è come se avesse acceso un faro sulla nostra cultura, in una enclave territoriale che contiene le testimonianze di coabitazione e di passaggio di tante altre culture, dal Marocco precoloniale a quello giudaico-berbero”, dice ancora Rouissi, che tra l’altro è tra i fondatori dell’associazione ‘Casamemoire’, che protegge gli immobili storici di Casablanca. A Marrakech, “la città di cui si parla di più, perché è quella al centro delle mappe turistiche mondiali, sarà tutto più semplice”, ma nelle zone rurali “dovremo fare attenzione anche a come ricostruiremo, alla tradizione locale, al rispetto per la natura e l’ambiente che le case di terra di questa zona hanno sempre assicurato“. Rouissi sostiene che “le indicazioni reali sul rispetto delle tradizioni tra i criteri di ricostruzione sono state accolte con gioia“. Poi aggiunge: “Dovremo parlare con la gente del posto, nelle zone terremotate, e fare tesoro di quello che ci diranno perché gli abitanti sono i veri testimoni diretti del savoir-faire marocchino”.