Era quello che si temeva e purtroppo si sta avverando: con i bonus edilizi per ristrutturare casa, come il Superbonus e bonus facciate, il risparmio ha soppiantato la qualità, con gravi conseguenze in termini di sicurezza. I disastrosi incendi divampati di recenti in alcuni edifici hanno messo sotto i riflettori i materiali usati nelle ristrutturazioni, che potrebbero aver contribuito alla propagazione delle fiamme. È quanto emerge dalle parole di Davide Luraschi, Presidente del collegio ingegneri e architetti di Milano e docente di ingegneria della sicurezza antincendio al Politecnico di Milano, in un’intervista rilasciata a “Today.it”.
“Certamente questi bonus hanno contribuito a risvegliare un settore che, anche a causa della pandemia, era congelato, migliorando da un punto di vista dell’efficienza termica il patrimonio edilizio. Di contro, oltre ai temi attuali e dibattuti come quello sulla difficoltà del reperimento dei fondi economici necessari, è opportuno sottolineare come ci si è totalmente dimenticati di affiancare, al tema del risparmio, quello sulla sicurezza”, ha detto a “Today.it” Davide Luraschi. “Abbiamo vincolato i bonus alle performances termiche ma non all’antincendio. È questo è un aspetto piuttosto grave. Per cui, il rischio concreto è proprio quello, forse, di aver contribuito a rendere le nostre case più efficienti ma forse meno sicure”, continua Luraschi.
Il cappotto termico è uno degli interventi più realizzati con il Superbonus e questo significa che potremmo aver installato soluzioni combustibili nelle nostre case.
Secondo la normativa, la scala di classificazione europea di reazione al fuoco va dalla lettera A alla F: più ci si avvicina alla lettera F, più il grado di partecipazione di un prodotto a un incendio è alto. È frequente trovare pannelli isolanti delle classi più basse ed è la stessa normativa che permette il loro utilizzo nei lavori di ristrutturazione. “Se il materiale è combustibile – e che sia classificato o meno ha rilevanza relativa – vi è il concreto rischio che in caso di incendio questo materiale non solo partecipi, aumentandone la propagazione verso l’edifico, ma che lo propaghi anche agli edifici limitrofi se hanno in facciata o copertura materiali coibentanti combustibili”, ha spiegato Luraschi.
Molti di questi pannelli in commercio – spiega “Today.it” – sono imbevuti di un ritardante di fiamma, ma solo sulla superficie esterna. Se il fuoco si diffonde al loro interno, bruciano più in fretta e collassano. “Le temperature che si sviluppano in un incendio all’aperto raggiungono in pochi minuti i 500°C e oltre, ma la maggior parte dei materiali coibentanti combustibili brucia tra i 270 e i 480°C. È chiaro che se investiti e interessati dal calore di un incendio, benché possano essere protetti, rivestiti e con le reazioni al fuoco richiesti dalle norme, impiegheranno poco tempo per bruciare”, spiega ancora Luraschi. “Purtroppo, se non si cambia la mentalità di committenti appaltatori e progettisti e, magari, si rende più stringente la norma, continueremo ad assistere, sempre più a questo tipo di incidenti. Purtroppo, il rischio incendio è percepito come un evento remoto”, dice ancora il docente del Politecnico di Milano, citando anche le vittime di alcuni recenti incendi.
Migliaia di case a rischio
“La European Association for Etics ha stimato che in Europa, in questi anni, la quota di materiali isolanti combustibili costituisca il 70% del mercato, mentre nel mercato italiano si registrano aumenti di circa il 50% rispetto alla prima metà del 2020“, aggiunge Luraschi. Secondo gli ultimi dati di Enea – riporta “Today.it” – sono stati realizzati lavori di ristrutturazione in 430.661 edifici, solo considerando il Superbonus, con il cappotto termico che è stato uno degli interventi più diffusi. “Giudicate voi quanti edifici con rivestimento combustibile o potenzialmente combustibile ci sono tra quelli che hanno usufruito dei bonus“, fa notare Luraschi.