di Enzo Siviero* – L’avevo già incontrato questo lago a me prima ignoto. Mi ci aveva accompagnato il sindaco di allora, penso una decina d’anni fa. Un luogo magico dove utilizzando il titolo di un bel libro di Eugenio Turri, si poteva vivere Paesaggio e Silenzio. Un lago strano, di origini artificiali con le sue due dighe ad arginare i due rami, come ci ricorda Manzoni con Como e Lecco , ma che ormai è parte del luogo, anzi ormai è esso stesso un “luogo diffuso”. Le sue rive amene che degradano verso l’acqua. I monti circostanti che in esso si rispecchiano. Un alternarsi di nuvole e sole. Un susseguirsi di pioggia e vento. Con i colori cangianti dell’acqua. E il ponte che si staglia all’orizzonte! No, i ponti in realtà sono due. Ma li vedi entrambi solo nelle loro vicinanze.

Sembrano una piccola famiglia. Laddove il nonno silente acciaccato e malandato, tenta di appoggiarsi al figlio o meglio al nipote, solido e in piena salute. Ma che differenza tra i due! Benché vecchio e trascurato, quasi pronto a farsi rottamare, il nonno fa mostra della sua antica bellezza. Appare ancora austero nelle sue sembianze iniziali, opera di un progettista colto e attento. Certamente ora il segno degli anni si fa sentire. E le grida di aiuto che nel passato erano continue, ma senza alcun riscontro, sono ora timidi sussulti, flebili lamentele di chi, aggrappato alla vita, vuole continuare a essere ponte e non degradare lentamente e inesorabilmente verso la propria ruderizzazione. Perché dunque non salvare quest’opera dell’ingegno umano? Certo con la costruzione del nuovo ponte, solido si, ma privo di anima, ove la VENUSTAS è stata accuratamente nascosta, si è risolto il problema dell’UTILITAS e della FIRMITAS. Ma quale differenza tra nonno e nipote! Bello e delicato il primo, possente e anonimo il secondo. Ma dov’era il genius loci? Non era lì a vigilare? Non si è dunque palesato in tempo per guidare la mano del nuovo progettista? Ecco il punto! Tra nonno e nipote si è virtualmente frapposto il “figlio” ispirato dal luogo. Esso è presente come fantasma. Un Ghost che non si vede ma si percepisce. Lo spirito del lago chiede ancora il rispetto per l’anziano che, in fondo, non sarebbe difficile né eccessivamente costoso, recuperare a nuova vita, facendone una splendida passeggiata sulle acque, un suggestivo belvedere a misura d’uomo. Potrà mai essere? Ecco che i pensieri di allora mi ritornano alla mente vividi come fossero di oggi. Come fu con Mosè, abbandonato a se stesso e salvato dalle acque del Nilo, così si richiede anche per l’antico ponte. Perché negarlo? Già penso a come si potrebbe intervenire. Delicatamente ricucendo le parti spezzate. Ripulendo le superfici vilipese dall’ingiuria del tempo. Riscoprirle amorosamente per preservarne l’integrità per gli anni a venire. Ridisegnando i parapetti. Rifacendo la pavimentazione per l’intero tratto magari giocando sulle tessiture cromatiche. Collocando una serie di panchine. E inserendo alcuni pannelli per raccontare la storia del lago e del suo intorno, delle genti che lo hanno vissuto, dell’evento sismico che ha distrutto i borghi.
Ecco che l’ingegnere architetto che è in me mi spinge ancora una volta a “ponteggiare”! Recuperare il ponte a nuova vita è un atto dovuto. Se non altro per ridare agli adolescenti di allora il piacere di rivivere sull’acqua i propri ricordi. Si potrà? Io lo spero proprio! Per chi in questi luoghi ha passato un’infanzia felice e ora si ritrova tra i ruderi del post sisma che accanto alle case hanno azzerato il vissuto storico sarebbe un risarcimento emotivo di straordinario valore simbolico. È dunque, la risposta misericordiosa a quel grido di dolore che ancora si ode in lontananza! Aiuto, aiutatemi. Vi prego. Non lasciatemi morire. Ridatemi la vita. Vi prometto che vi accompagnerò oltre l’oltre. Un ponte sull’eternità come mai avreste immaginato. I vecchi ricordi si materializzano e il sole torna a splendere nei cuori dei non più adolescenti. Questo è ciò che ho pensato nel tornare in questi luoghi. Forse il genius loci ha saputo penetrare nel mio essere uomo ponte . Con una ideale bacchetta magica vorrei dare la vita a chi ancora non è morto. Spero di essere ascoltato da chi crede ancora nello spirito dei luoghi e alla loro identità. Perché il paesaggio è proprio questo: interagire con i luoghi e vivere le emozioni dell’essere.
*Articolo inserito nella rivista Galileo n. 259