La leucemia mieloide acuta (LMA) è una malattia non ancora conosciuta nella sua totale complessità, non è ancora del tutto caratterizzata dal punto di vista genetico e molecolare. Si tratta di un tumore raro del sangue che ha la sua origine nelle cellule staminali presenti nel midollo osseo, quelle responsabili della produzione di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine. Quindi è in grado di interrompere la produzione normale di cellule del sangue. Rappresenta il 20% di tutti i casi di leucemia acuta osservati in età pediatrica, e in Italia colpisce circa 70 bambini all’anno. La LMA è una malattia grave che richiede un’attenta gestione, pertanto è importante che i pazienti ricevano una diagnosi e un trattamento tempestivi da parte di specialisti ematologi o oncologi. Non sono ancora noti i meccanismi che portano allo sviluppo di forme recidivanti e refrattarie ai trattamenti convenzionali. Tuttavia, come ha dimostrato una ricerca dell’ematologo Filippo Milano di un’importanza storica che ha avuto una notevole rilevanza mediatica negli Stati Uniti, il tasso di sopravvivenza dopo i trapianti da cordone è estremamente elevato, arriva al 71% a 4 anni.
Il medico ematologo Filippo Milano, nel suo lavoro di ricerca coordinato al Fred Hutchinson Cancer Research di Seattle, con lo studio ‘La cura dei pazienti affetti da leucemie acute e con sindromi mielodisplastiche attraverso il trapianto delle cellule staminali contenute nel sangue del cordone ombelicale’, pubblicato sul New England Journal of Medicine, dimostra come “ nei pazienti con malattia residua minima, l’uso del sangue cordonale come fonte donatrice per il trapianto di cellule ematopoietiche ha portato a un tasso di sopravvivenza più elevato e a un tasso inferiore di recidiva rispetto all’uso di un trapianto da un HLA” ( Humain Leucocyte Antigen, è il gruppo di geni che controlla il “riconoscimento” dei vari tessuti dell’ organismo ed è considerato tra i principali responsabili di rigetto dei trapianti, ndr).
Pertanto, secondo Milano, il sangue cordonale contiene staminali che possono essere trapiantate e attecchire sostituendo il midollo osseo danneggiato senza la necessità di trovare la compatibilità al 100%, come avviene nei trapianti da donatori adulti, nonostante quest’ultima sia ancora considerata come prima scelta nei protocolli standard. Infatti uno degli obiettivi della sua ricerca era proprio quello di valutare se il trapianto da cordone dovesse essere considerato come alternativa secondaria o rivalutato come prima scelta se avesse prodotto ottimi risultati clinici. Il risultato è stato che il gruppo di pazienti che aveva ricevuto un trapianto da cordone era quello con il tasso di sopravvivenza più alto.
“In questi casi il problema è che la maggior parte dei pazienti che necessitano di un trapianto di cellule emopoietiche non trovano facilmente un donatore compatibile. Per questo è importante conservare alla nascita– spiega Luana Piroli, Direttore Generale e Direttore della Raccolta di In Scientia Fides-. Le cellule staminali ematopoietiche si possono ottenere dal sangue cordonale neonatale, conservarle ha lo scopo di garantire un’assicurazione biologica a chiunque voglia avere nel tempo, per sé e per i propri figli, un’opportunità terapeutica e diagnostica, immediatamente disponibile attraverso la conservazione autologo-dedicata di cellule staminali adulte con particolare riferimento a quelle contenute nel sangue cordonale”.
Il caso
Come è successo a Oti Hughes, un bimbo di due anni, originario di Saffron Walden, una piccola cittadina dell’Inghilterra, a cui è stata diagnosticata una leucemia mieloide acuta nel luglio dello scorso anno dopo una settimana di forti dolori articolari al braccio destro. Il bambino è stato sottoposto a cicli di chemioterapia all’Addenbrooke’s Hospital di Cambridge, a seguito dei quali la malattia sembrava in remissione. Ma qualche mese dopo il suo cancro è tornato e i medici che lo avevano in cura hanno optato per un trapianto di cellule staminali. La famiglia al momento del parto non aveva conservato le cellule staminali del cordone ombelicale pertanto è dovuta ricorrere al registro mondiale e quindi attendere del tempo utile al reperimento di un campione compatibile. “Cosa non semplice – spiega ancora Luana Piroli –, per questo è nata l’opportunità della conservazione privata delle cellule staminali da cordone ombelicale”.
Per fortuna finalmente il bambino ha trovato una corrispondenza sul registro, il suo donatore era in America. Oggi Oti ha superato i 100 giorni dal trapianto, la famiglia fa sapere che è stato un successo, e per questo il suo corpo non può più produrre cellule leucemiche.