Prima mano bionica collegata direttamente a muscoli e nervi, impiantata a donna svedese

I ricercatori, sotto la guida di Max Ortiz Catalan, hanno sviluppato una tecnica innovativa
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La prima mano bionica collegata direttamente e permanentemente ai muscoli e nervi residui di una donna svedese che aveva perso l’arto oltre 20 anni fa in un incidente agricolo ha avuto successo. Questo risultato è stato reso possibile grazie a un’innovativa interfaccia uomo-macchina che ha consentito alla paziente di controllare la mano in modo naturale e di alleviare il dolore causato dall’arto fantasma. Questo traguardo è stato pubblicato sulla rivista Science Robotics ed è stato raggiunto dal Bionics Institute australiano e dal Centro svedese per la Bionica e la Ricerca sul Dolore. Il progetto fa parte del programma europeo DeTop, coordinato dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Numerosi partner hanno contribuito al successo, tra cui l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, l’azienda italiana Prensilia, il Centro Protesi dell’Inail e l’Università Campus Bio-Medico di Roma.

Una delle sfide principali affrontate da chi ha perso un arto è l’accettazione e l’utilizzo delle protesi disponibili sul mercato, spesso percepite come dolorose da indossare e difficili da controllare. Per affrontare queste problematiche, i ricercatori, sotto la guida di Max Ortiz Catalan, hanno sviluppato una tecnica innovativa, che permette di fissare la protesi direttamente allo scheletro del paziente, collegandola al sistema nervoso attraverso elettrodi impiantati nei nervi e nei muscoli residui.

Un elemento chiave di questa nuova tecnologia è il processo chiamato “osseointegrazione”, che consente al tessuto osseo di crescere all’interno del materiale in titanio della protesi, creando una connessione meccanica estremamente solida. Inoltre, i nervi e i muscoli rimasti nell’arto sono stati riorganizzati per fornire alla protesi un maggior numero di informazioni necessarie per un controllo motorio preciso.

La mano robotica utilizzata nello studio è nota come “Mia Hand” ed è stata sviluppata da Prensilia, un’azienda che ha messo a punto una protesi altamente personalizzabile, sia dal punto di vista funzionale che estetico. Questo approccio mira a rendere la protesi più accettabile e funzionale per gli utilizzatori, contribuendo significativamente al miglioramento della qualità di vita delle persone con amputazioni.

Karin è stata la prima persona con amputazione al di sotto del gomito a ricevere questo nuovo concetto di mano bionica altamente integrata, che può essere utilizzata in modo autonomo e affidabile nella vita quotidiana,” ha spiegato Ortiz Catalan. “Il fatto che sia riuscita per anni ad utilizzare la protesi in modo confortevole ed efficace testimonia le potenziali capacità di questa tecnologia nel cambiare la vita delle persone. Il nostro approccio chirurgico e ingegneristico integrato spiega anche la riduzione del dolore in quanto, per controllare la protesi, Karin sta utilizzando un po’ le stesse risorse neurali che utilizzava per la sua mano biologica“.

Il progetto DeTop, finanziato dalla Commissione Europea, ha offerto una grande opportunità di collaborazione – ha evidenziato Christian Cipriani, coordinatore del progetto e direttore dell’Istituto di BioRobotica del Sant’Anna – che ha reso possibile il consolidamento di tecnologie protesiche e robotiche all’avanguardia, che possono avere un impatto straordinario sulla vita delle persone“.

Mia Hand è nata per essere mostrata, e non nascosta: vogliamo che non sia percepita da chi la utilizza solo come una protesi di mano – ha concluso l’Amministratore Francesco Clemente – ma desideriamo che possa essere percepita come la propria protesi, perfetta espressione di sé“.

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