Dalla biomedicina al packaging: nanomateriali intelligenti dal guscio del granchio blu

Il granchio blu rappresenta attualmente un'enorme sfida per l'industria ittica del Nord/Est
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Il team di ricerca cafoscarino composto da Claudia Crestini, professoressa di Chimica generale e inorganica, Matteo Gigli, professore di Fondamenti chimici delle tecnologie e dal dottorando Daniele Massari del Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemha brevettato, in collaborazione con la professoressa Livia Visai e la dottoressa Nora Bloise dell’Università di Pavia, la possibilità di trasformare la chitina in nanomateriali intelligenti con proprietà funzionali utili in diversi campi di applicazione che spaziano dalla biomedicina, al packaging biosostenibile, fino al restauro e la conservazione di materiale scrittorio.

Cos’è la chitina?

La chitina è uno dei biopolimeri più abbondanti in natura, in quanto componente fondamentale dell’esoscheletro di insetti e crostacei, nonché presente nella parete cellulare di funghi e di alcune microalghe. Risulta quindi uno scarto importante dell’industria ittica, specialmente quella legata alla lavorazione di granchi e gamberetti, da cui può essere facilmente isolata.

Il granchio blu rappresenta attualmente un’enorme sfida per l’industria ittica del nordest. La sua presenza ha creato una vera e propria emergenza. Il guscio di questo granchio è incredibilmente ricco di chitina. Il team di ricerca dell’Università di Ca’ Foscari sta attualmente concentrando i suoi sforzi sull’isolamento della chitina da questi gusci, trasformando così la crisi causata dall’invasione del granchio in un’opportunità scientifica, tecnologica ed economica senza precedenti. Questa iniziativa potrebbe aprire nuove prospettive per l’industria e la ricerca in un settore in continua evoluzione. Dal punto di vista chimico, la chitina è un polisaccaride costituito da unità di glucosio contenenti funzionalità ammidiche, e risulta del tutto biocompatibile.

Attraverso il nostro processo, siamo in grado di isolare e modificare chimicamente una frazione nanocristallina della chitina, un polimero completamente naturale,” ha spiegato la prof.ssa Crestini. “Questo processo è altamente scalabile a livello industriale e offre una vasta gamma di possibilità di produzione. Le nanostrutture risultanti sono state impiegate per sviluppare materiali con caratteristiche straordinariamente innovative, aprendo la strada a nuove prospettive nell’ambito della tecnologia dei materiali“.

Nello specifico le applicazioni studiate dal gruppo di ricerca, al momento, sono 4: la prima applicazione riguarda la creazione di film flessibili, che, opportunamente additivati con sostanze di origine naturale estratte da biomassa lignocellulosica, trovano impiego come patch medicali. La seconda applicazione riguarda la creazione di smalti per unghie 100% naturali. Questi smalti, disponibili in diverse colorazioni, sono notevoli per la loro attività antifungina intrinseca grazie alla presenza di chitina e chitosano, anche in forma nanostrutturata. Ciò li rende ideali per il trattamento dell’onicomicosi, un’infezione micotica delle unghie. La terza applicazione si colloca all’interno del settore degli imballaggi, più precisamente degli imballaggi alimentari. Infine, il gruppo di ricerca ha messo a punto una specifica formulazione per realizzare un coating per il restauro e la conservazione di materiale scrittorio antico e non solo, la cui caratteristica peculiare, rispetto a quanto disponibile oggi in commercio, è la multivalenza, ovvero la capacità di rallentare e prevenire diversi fenomeni di degradazione della carta inchiostrata.

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