Archeologi italiani in Iraq: “forse un porto fluviale a Tell Muhammad”

Archeologi italiani studiano il complesso sistema di fortificazioni e di gestione delle acque che segnava il versante nord-orientale della città di Tell Muhammad, in Iraq
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L’archeologo Nicola Laneri, docente di Archeologia e Storia dell’arte del Vicino Oriente al Disum, ha fatto il punto sui risultati della seconda campagna di scavi della missione archeologica “Baghdad Urban Archaeological Project” dell’Università di Catania, promossa con lo State Board of Antiquities and Heritage iracheno e grazie al Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale. “Sono straordinarie scoperte ingegneristiche, che non ci saremmo mai aspettati di fare a Tell Muhammad, in Iraq. A febbraio torneremo per restaurare quanto recentemente portato alla luce perché il lavoro di un archeologo non e’ solo quello di scavare ma anche di restaurare e studiare”, ha detto Laneri all’AGI.

Durante questa seconda missione iniziata il 4 settembre e conclusa il 22 ottobre – spiega Laneri – abbiamo scavato tanto, circa 800 metri quadri in estensione e fino a un metro e mezzo in profondità, ma il lavoro ci ha premiati con meravigliose scoperte. Oltre alla porta monumentale nella cinta muraria di Hammurabi, ai magnifici vasi e a due edifici risalenti al II millennio a.C. già scoperti durante la prima campagna del 2022, adesso siamo arrivati a potere studiare il complesso sistema di fortificazioni e di gestione delle acque che segnava il versante nord-orientale della città di Tell Muhammad, fondata all’inizio dell’epoca Paleobabilonese (l’età di Hammurabi) vicino all’odierna Baghdad. Qui è stato scavato per circa 40 metri il muro di cinta che delimitava un canale o un porto fluviale rivolto verso il fiume Tigri”.

L’antica città – prosegue lo studioso – fu poi abbandonata in corrispondenza della cosiddetta ‘Caduta di Babilonia’ (1595 a.C.) da parte del sovrano Ittita Mursili. Tale porta, si è scoperto, era associata ad un sistema di canalizzazione di acque reflue che portava i liquami dal centro della città ad uno spazio esterno molto simile a un porto fluviale rivolto verso il fiume Tigri. Ed è stata proprio la supposizione, sostenuta anche dal ritrovamento di una panchina, della presenza di un porto ad avere incoraggiato la voglia di tornare a febbraio e studiare meglio ciò che abbiamo lasciato”.

La porta si apriva su un sistema di ingresso che prevedeva una scala diretta a una ampia terrazza soprelevata con annesso torrione, nonché un canale che faceva parte dell’intricata rete fognaria della città. In particolare, il canale era caratterizzato da un intrico di contrafforti interni e di tubazioni in terracotta che favorivano e velocizzavano il deflusso dei reflui. Alla sommità della scala si trovava un torrione e, all’interno dello spiazzale esterno, era posizionata una cisterna per la raccolta dell’acqua che in una fase successiva venne trasformata in fossa di scarico. Negli spazi interni alla cinta muraria sono anche stati scoperti edifici legati alla lavorazione dei cereali e alla panificazione, oltre che dei forni che avevano anche la funzione di liquefare il bitume, fondamentale per l’impermeabilizzazione dei vasi e dei luoghi legati alla gestione dell’acqua.

Straordinaria, inoltre, è stata la scoperta di un bagno con foro e latrina sottostante e di uno spazio sacro con altare e tombe dedicato al culto degli antenati attestato nei contemporanei testi in cuneiforme – ha sottolineato Laneri – e anche gli oggetti scoperti durante questa seconda campagna di scavo sono di fondamentale importanza perché, insieme con le forme ceramiche tipiche dell’epoca Paleobabilonese, sono stati trovati tre preziosi sigilli cilindrici con funzione amministrativa che presentano iconografie e iscrizioni tipiche di questa epoca”.

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