La Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite, più comunemente denominata COP, è una conferenza annuale sul clima. La COP di quest’anno, il 28° evento di questo tipo, è in corso nella città di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. “L’ironia della location dell’evento di quest’anno non può essere trascurata. Gli Emirati Arabi Uniti, una nazione sinonimo di opulenza, innovazione e imponenti grattacieli, hanno ricavato la maggior parte della loro ricchezza dalla vendita di petrolio e gas naturale, che dovrebbero essere la causa di un’apocalisse imminente”. È quanto scrive, con una certa ironia, Vijay Jayaraj, ricercatore associato presso la CO2 Coalition (Arlington, Virginia). “Dubai, l’emblema della stravaganza alimentata dagli idrocarburi, si pone in netto contrasto con gli stessi principi che la COP28 pretende di sostenere. Ospitare la COP in una nazione profondamente radicata nell’industria dei combustibili fossili è, nella migliore delle ipotesi, paradossale”, sostiene Jayaraj, che ha conseguito un master in scienze ambientali presso l’Università dell’East Anglia, nel Regno Unito.
“Negli ultimi anni è emerso disaccordo tra le economie sviluppate che abbracciano le cosiddette agende verdi e le nazioni povere che sono costrette ad adottare gli stessi obiettivi di “decarbonizzazione”. Molte voci nel Sud e nell’Est del mondo credono che l’appello dell’Occidente alla decarbonizzazione metta in luce la loro ipocrisia sia a livello collettivo che a livello personale”, scrive il ricercatore.
Jet privati e stili di vita ad alta intensità di carbonio
“Mentre le figure politiche occidentali puntano regolarmente il dito accusatorio contro le notevoli emissioni di CO2 di Cina e India, tendono a ignorare le emissioni pro capite di varie nazioni. Il parametro pro capite riflette le scelte di vita individuali, facendo luce sul consumo di energia e sulla qualità della vita. Ad esempio, le emissioni pro capite dell’India nel 2016 sono state inferiori a 2 tonnellate. Al contrario, gli Emirati Arabi Uniti, Paese ospitante della COP28, ne avevano 24 tonnellate. Il Paese che ha dato origine all’Accordo di Parigi, la Francia, ha emesso circa 5 tonnellate, mentre la Germania, “apparente leader” nelle energie rinnovabili, ha emesso circa 9 tonnellate pro capite. Le emissioni degli Stati Uniti sono state pari a 15 tonnellate, rispetto a meno di un misero decimo di tonnellata della Repubblica Democratica del Congo”, evidenzia Vijay Jayaraj.
“I responsabili delle politiche climatiche nelle economie sicure e prospere dell’Occidente si sentono in diritto di ritenere la Cina, l’India e i Paesi africani responsabili dell’adesione ad assurde “regole” climatiche, quando loro stessi utilizzano il carbone da due secoli e più. Anche l’ipocrisia climatica a livello individuale merita di essere notata. Le conferenze COP sono famigerate per l’uso di jet privati da parte di leader politici e celebrità. Alla COP27 in Egitto dello scorso anno hanno partecipato circa 400 jet privati, molti dei quali avrebbero potuto essere evitati semplicemente approfittando del generoso aumento dei viaggi di Egypt Air. Quest’anno non sarà diverso, soprattutto considerando la disponibilità di operatori di jet privati a Dubai”, evidenzia il ricercatore, sottolineando come i politici “rilasciano in un singolo viaggio una quantità sostanzialmente maggiore di gas serra rispetto a quella che una persona media in Africa emetterebbe nel corso della sua intera esistenza adulta”.
“Per un nativo di una nazione in via di sviluppo, le conferenze sulla decarbonizzazione dei leader della COP sono le dichiarazioni politiche più insensibili, egoiste, male informate, corrosive e piene di ipocrisia del calendario annuale! Gli stessi relatori chiedono che le popolazioni della Repubblica Democratica del Congo e di altri Paesi in via di sviluppo rinuncino ai loro sogni di standard di vita più elevati, che sono irraggiungibili senza l’uso di quantità significative di combustibili fossili”, afferma Jayaraj. “Carbone, petrolio e gas naturale svolgono un ruolo vitale nel sollevare le popolazioni del Terzo Mondo dalla schiacciante privazione, proprio come hanno contribuito al trionfo dell’Occidente sulla povertà diffusa attraverso l’industrializzazione. Non dovrebbero esserci restrizioni sul loro utilizzo”, conclude il ricercatore.