Inaugurato in Giappone reattore a fusione, un successo anche italiano

Si tratta di un traguardo importante per la futura produzione di energia da fusione, grazie anche al contributo italiano di governo, imprese, ENEA, consorzio RFX e Cnr
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Nuovo passo in avanti nella ricerca sull’energia da fusione nucleare. Oggi a Naka, in Giappone, è stato inaugurato il reattore sperimentale per la fusione JT-60SA, progettato e costruito nell’ambito dell’accordo Broader Approach, una collaborazione scientifica tra Unione europea e Giappone. Si tratta di un traguardo importante per la comunità scientifica e l’industria, che rende più vicino l’impiego dell’energia da fusione, sicura e rispettosa dell’ambiente, grazie anche al contributo italiano di governo, imprese, ENEA, consorzio RFX e Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).

Alla cerimonia di inaugurazione erano presenti il commissario europeo per l’Energia, Kadri Simson, il ministro giapponese per Istruzione, Cultura, Sport, Scienza e Tecnologia, Masahito Moriyama, il ministro giapponese per la Politica scientifica e tecnologica, Sanae Takaichi, politici di alto livello, rappresentanti dell’industria e la comunità di ricercatori, che hanno assistito dalla sala di controllo alla sperimentazione con plasma.

I lavori dell’impianto JT-60SA sono iniziati nel 2007 e sono stati portati a termine nel 2020. Da allora sono stati fatti diversi miglioramenti tecnici. I primi esperimenti con plasma sono stati avviati alla fine di quest’anno.

Il costo complessivo di costruzione dell’impianto è stato di circa 560 milioni di euro, ripartiti tra Europa e Giappone. Il progetto è considerato un esempio di diplomazia scientifica ed è stato elogiato per lo spirito di collaborazione, la gestione efficiente e l’esecuzione esemplare.

A Fusion for Energy sono stati affidati sia la gestione dei fondi dell’Unione europea al progetto, sia il coordinamento della fabbricazione di componenti da parte di Paesi che partecipano su base volontaria, come Belgio, Francia, Germania, Italia e Spagna.

Marc Lachaise, direttore di Fusion for Energy, ha espresso apprezzamento per la collaborazione internazionale e il forte spirito di squadra dei team impegnati: “Quanto accade qui oggi – ha affermato – sarà importante domani per decidere il contributo della fusione in un mix energetico privo di carbonio. L’impianto JT-60SA è fondamentale per la tabella di marcia della fusione perché offre ai nostri esperti una possibilità unica nel suo genere di imparare, utilizzare questo dispositivo e condividere queste preziose conoscenze con il reattore sperimentale internazionale (ITER). Inoltre, ha permesso ai laboratori di ricerca e all’industria europei, insieme al Giappone, di lavorare fianco a fianco nello sviluppo di un partenariato significativo”.

EUROfusion, il consorzio europeo cui partecipano 31 paesi e 4800 tra ricercatori, personale e studenti, contribuisce scientificamente a JT-60SA insieme agli istituti nazionali giapponesi per la scienza e la tecnologia quantistica che si trovano a Naka. Un progetto dedicato di EUROfusion, a coordinamento italiano attraverso il Cnr e del valore di circa 15 milioni di euro, supporta l’attività di modellazione fisica e di simulazione per la preparazione e l’analisi degli esperimenti, la preparazione di sistemi diagnostici avanzati e la partecipazione alle operazioni del dispositivo.

In qualità di ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e program owner del Programma fusione italiano – ha dichiarato il ministro Gilberto Pichetto Fratin – sono molto orgoglioso che l’Italia abbia contribuito al successo di oggi fornendo supporto scientifico e componenti del tokamak come contributo volontario nell’ambito dell’accordo Broader Approach tra Unione europea e Giappone, grazie a fondi per circa 70 milioni di euro messi a disposizione dal Governo italiano. Con il coordinamento dell’ENEA, l’industria italiana ha fornito cavi superconduttori per i magneti, bobine toroidali superconduttrici, casse di contenimento delle bobine, alimentazione per il sistema magnetico: componenti realizzati da ENEA, Tratos Cavi, Criotec, ASG Superconductors, Walter Tosto, Poseico Power Electronics e OCEM Tecnologie Energetiche”.

Il Consorzio RFX – ha proseguito il ministro -, agendo su mandato del Consiglio nazionale delle ricerche, ha sviluppato i progetti innovativi dei sistemi di protezione per tutte le bobine superconduttrici, forniti dall’industria italiana Ansaldo Sistemi Industriali, attualmente Nidec ASI, e del sistema di alimentazione per il controllo del plasma instabilità, forniti dall’industria italiana Equipaggiamenti Elettronici Industriali”.

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