L’attività umana altera l’atmosfera terrestre in innumerevoli modi e la memoria di queste azioni è custodita nel ghiaccio polare perenne, che diventa una sorta di capsula del tempo, permettendo a scienziati e storici di collegare la storia della Terra con quella delle società umane. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment rivela che le carote di ghiaccio provenienti dall’Antartide mostrano che il piombo e altri metalli pesanti tossici legati alle attività minerarie inquinavano l’emisfero meridionale già nel XIII secolo.
L’inquinamento è cosa antica
“Vedere le prove che le prime culture andine di 800 anni fa, e più tardi l’estrazione mineraria e la metallurgia coloniale spagnola, sembrano aver causato un inquinamento da piombo rilevabile a 9.000 km di distanza in Antartide è piuttosto sorprendente“, dice Joe McConnell, professore di ricerca in idrologia al Desert Research Institute (DRI) e autore principale dello studio.
Lo studio è stato condotto dal team di McConnell del DRI insieme a collaboratori in Norvegia, Austria e Germania, oltre che in Florida. È la prima volta che gli scienziati valutano l’impatto umano sull’inquinamento da piombo in Antartide a partire da 2.000 anni fa ed è anche la prima valutazione dettagliata dell’inquinamento da tallio, bismuto e cadmio. Oltre al piombo, questi metalli pesanti (tranne il bismuto a bassi livelli) sono considerati altamente tossici e dannosi per la salute umana e dell’ecosistema.
Il team ha scoperto che il primo aumento degli inquinanti da metalli pesanti – in particolare il piombo – è iniziato intorno al 1200, in coincidenza con la creazione di comunità urbane da parte del popolo Chimú sulla costa settentrionale del Sud America. “Questi insediamenti richiedevano grandi quantità di argento e altri metalli ottenuti con l’estrazione mineraria“, spiega Charles Stanish, archeologo della University of South Florida e coautore dello studio.
Il piombo nei ghiacci artici
Il piombo si trova spesso nei minerali d’argento e i campioni di sedimenti lacustri nella regione di Potosí, in Bolivia, suggeriscono emissioni di piombo per tutto il XII e il XIII secolo, coerentemente con le registrazioni dei ghiacci antartici. Un inquinamento più duraturo e consistente iniziò subito dopo l’arrivo dei coloni spagnoli in Sud America, nel 1532, quando Potosí divenne la principale fonte di argento per l’Impero spagnolo e la più grande al mondo.
Le tracce nel ghiaccio mostrano un netto calo dell’inquinamento da piombo tra il 1585 e il 1591 circa, quando gravi epidemie devastarono le comunità andine. Il team ha potuto confrontare le registrazioni dell’argento presso la zecca coloniale di Potosí con i dati delle carote di ghiaccio, scoprendo che coincidevano con il calo dell’inquinamento nell’Antartico. Come previsto, gli inquinanti sono aumentati in modo significativo in seguito all’industrializzazione, con grandi picchi all’inizio dell’estrazione del piombo in Australia, alla fine del XIX secolo.
Ci sono anche cali marcati nei record corrispondenti a entrambe le guerre mondiali e alla Grande Depressione, a dimostrazione dell’impatto mondiale delle attività industriali e degli eventi politici nell’emisfero settentrionale. Lo studio è il risultato dell’analisi di cinque diverse carote estratte dalla calotta antartica orientale presso l’Ice Core Lab del DRI, una struttura unica nel suo genere dotata di strumenti in grado di rilevare tracce di metalli nel ghiaccio e nella neve.
Gli studi precedenti
Gli studi precedenti non erano stati in grado di identificare l’inquinamento da metalli pesanti che precedeva l’era industriale perché non era stato possibile distinguere tra i metalli prodotti dalle eruzioni vulcaniche e quelli prodotti dall’attività umana. Per questo studio, il team ha utilizzato i livelli di tallio registrati nel ghiaccio per stimare e sottrarre i livelli di fondo vulcanico di piombo, bismuto e cadmio, permettendo così di identificare quando è iniziato l’inquinamento di origine umana e la sua entità.