Zone umide, WWF: dal 1970 perso oltre il 35%

Ciò che resta diventa ancora più prezioso e va salvaguardato o ripristinato con ogni mezzo
MeteoWeb

Lagune, fiumi, stagni, laghi, paludi, specchi d’acqua dolce o salmastra: il 2 febbraio, World Wetlands Day, il mondo richiama l’attenzione sulla ricchezza delle zone umide in termini di biodiversità e fondamentali per i numerosi servizi che assicurano il nostro benessere, tra cui la regolazione del clima. Le ‘wetlands’ sono infatti essenziali per la nostra sopravvivenza e il nostro benessere, grazie ai tanti benefici: sono serbatoi di carbonio e contrasto al cambiamento climatico, depurano le acque, proteggono dalle inondazioni, la vegetazione fornisce fibre e materiali, garantiscono cibo, e ospitano migliaia di specie, soprattutto pesci e uccelli. La data ricorda l’adozione della Convenzione omonima per la loro tutela, firmata il 2 febbraio 1971 nella città iraniana di Ramsar. Si tratta però di ambienti ancora a rischio: più dell’80% delle zone umide nel mondo è scomparso dal 1700. Solo dal 1970 ad oggi abbiamo perso oltre il 35% delle wetlands. Ciò che resta diventa quindi ancora più prezioso e va salvaguardato o ripristinato con ogni mezzo: la biodiversità di questi ambienti si sta estinguendo al ritmo del 4% ogni dieci anni contro l’1% per gli ambienti marini e terrestri.

Le zone umide sono il luogo ideale per anatre selvatiche, uccelli limicoli, spatole, che migrano dai paesi più freddi per ‘svernare”. In questi anni si stanno osservando variazioni sia nelle rotte migratorie che nei periodi di permanenza degli uccelli, probabilmente a causa del cambiamento climatico: specie che prima raggiungevano il centro Africa per trascorrere i periodi più freddi utilizzando la nostra penisola come ‘ponte’ di sosta, tendono a restare: accade per gli assioli, piccoli uccelli notturni simili a civette, per i cavalieri d’Italia, trampolieri eleganti, e persino per le rondini. Si tratta di un trend che va osservato negli anni per verificarne la reale portata. Inoltre, osservazioni con numeri record di fenicotteri si sono verificate negli stagni costieri come Orbetello e Diaccia Botrona, ma sempre in Toscana si vede anche un aumento di specie cosiddette aliene, come l’ibis sacro (circa 3000). La salinizzazione eccessiva di alcune lagune poi riduce la presenza di specie più sensibili a questo fattore come le folaghe.

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