Camilla Canepa sarebbe sopravvissuta “con elevata probabilità” se i medici del pronto soccorso di Lavagna avessero effettuato “tutti gli accertamenti diagnostici previsti dal protocollo terapeutico“. Se avessero fatto la Tac con liquido di contrasto, come previsto dalle prime linee guida per diagnosticare la Vitt, la rarissima trombosi cerebrale associata a livelli di piastrine basse, si sarebbe proceduto con la somministrazione della giusta terapia. E’ quanto ipotizzano i pubblici ministeri Francesca Rombolà e Stefano Puppo che hanno indagato cinque medici dell’ospedale: si va dal primario al neurologo fino agli internisti che compilarono le cartelle cliniche. Quattro sono accusati di omicidio colposo mentre tutti e cinque devono rispondere di falso ideologico perché nelle cartelle cliniche non hanno indicato che Camilla si era vaccinata con AstraZeneca.
In particolare, gli investigatori contestano al primario del pronto soccorso di “non avere diffuso formalmente ai medici del proprio reparto le linee guida per il trattamento della sindrome da Vitt“. Il medico presente nel reparto al momento del primo accesso della ragazza, che lamentava fotosensibilità e forte emicrania sinistra e aveva detto di essersi vaccinata contro il Covid, “nonostante sapesse delle linee guida riferitele oralmente dal primario, somministrava un antidolorifico e faceva solo un emocromo completo senza avviare il percorso diagnostico per Vitt” senza “prescrivere una risonanza con mezzo di contrasto“. E successivamente non “effettuava il test di coagulazione e non effettuava il dosaggio degli anticorpi“. Anche il medico subentrato la mattina dopo, insieme al primario, “nonostante la paziente lamentasse anche un lieve aumento della sintomatologia, non facevano una corretta diagnosi di possibile Vitt e disponevano una tac senza liquido di contrasto“. Anche il neurologo, a conoscenza della sintomatologia della paziente e del fatto che fosse vaccinata, “ometteva di suggerire un appropriato esame diagnostico per immagini, come una angio Tac con mezzo di contrasto“.
Giova ricordare, dopo tre anni dalla tragedia, che tutti coloro che facevano notare il problema della povera Camilla correlato al vaccino Covid-19 erano etichettati come pericolosi complottisti, negazionisti e no-vax. Tutti i grandi giornali minimizzavano il problema, scrivendo che non c’era alcuna correlazione e che Camilla aveva avuto un malore che avrebbe accusato comunque anche senza il vaccino. La giovanissima, lo ricordiamo, aveva soltanto 18 anni e si era vaccinata negli open day della Regione Liguria in cui il vaccino veniva spacciato come una sorta di cocktail da apericena anche per i giovanissimi come lei, che in ogni caso anche se contagiati dal virus non avrebbero mai avuto alcun problema di salute (nel peggiore dei casi sarebbe stata una banale influenza, ma la stragrande maggioranza dei 18enni contagiati – oltre il 95% – risultava completamente asintomatico). Oltre ai medici, sono ben più in alto le figure del delirio schizofrenico di quegli anni che dovrebbero finire a processo…