Scoperto un incredibile “archivio di cervelli umani”: smentite le concezioni sulla conservazione dei tessuti molli

Questo straordinario repertorio di cervelli antichi ha spinto i ricercatori a riconsiderare le condizioni e i meccanismi che consentono la loro conservazione attraverso i millenni
MeteoWeb

In un colpo di scena scientifico senza precedenti, un nuovo studio condotto dai ricercatori dell’Università di Oxford ha messo in discussione le concezioni storicamente radicate sulla conservazione dei tessuti molli nel record archeologico. Il team, guidato dalla brillante dottoranda Alexandra Morton-Hayward del Dipartimento di Scienze della Terra di Oxford, ha scoperto un vasto archivio di cervelli umani antichi, ribaltando l’idea precedentemente accettata che la conservazione del cervello fosse un fenomeno straordinariamente raro.

La conservazione dei tessuti molli

Il cervello umano, notoriamente vulnerabile alla decomposizione, è stato tradizionalmente considerato un’eccezione nella conservazione dei tessuti molli. Spesso, i reperti archeologici ci giungono sotto forma di scheletri, mentre la conservazione di organi completi è stata ritenuta eccezionale, se non del tutto unica. Tuttavia, il nuovo studio, pubblicato nelle Proceedings of the Royal Society B, ha rivelato un’incredibile quantità di cervelli umani conservati in tutto il mondo, risalenti a periodi che si estendono fino a 12.000 anni fa.

La conservazione dei tessuti molli è un processo complesso che può avvenire in vari contesti e attraverso diversi meccanismi. Tuttavia, ci sono alcuni fattori chiave che possono influenzare la conservazione dei tessuti molli:

  1. Condizioni ambientali: Le condizioni ambientali possono giocare un ruolo fondamentale nella conservazione dei tessuti molli. Ad esempio, un ambiente freddo e asciutto può rallentare il processo di decomposizione, mentre un ambiente acquoso o caldo può accelerarlo.
  2. Deposizione e seppellimento: Se i tessuti molli vengono seppelliti rapidamente dopo la morte, possono essere protetti da agenti esterni che potrebbero causare la decomposizione. Il processo di seppellimento può creare condizioni anaerobiche che rallentano la decomposizione dei tessuti.
  3. Mineralizzazione: In alcuni casi, i tessuti molli possono essere sostituiti da minerali durante il processo di fossilizzazione. Questo avviene quando i minerali presenti nell’ambiente circostante penetrano nei tessuti e li sostituiscono, conservandoli in una forma petrificata.
  4. Processi chimici: Alcuni processi chimici, come la mummificazione, possono preservare i tessuti molli. Ad esempio, la mummificazione può avvenire naturalmente in ambienti secchi e aridi, dove l’acqua viene rapidamente rimossa dal corpo, rallentando così il processo di decomposizione.
  5. Attività microbiologica: Anche i microrganismi possono influenzare la conservazione dei tessuti molli. In certe condizioni, i microrganismi che causano la decomposizione possono essere inattivi o assenti, consentendo ai tessuti di conservarsi per periodi più lunghi.

Comprensione di questi meccanismi può aiutare gli scienziati a interpretare i reperti archeologici e a ottenere informazioni preziose sulla vita e sulla salute delle popolazioni del passato.

Cervelli umani antichi

Secondo quanto riportato nel comunicato stampa dell’Università di Oxford, i risultati dello studio sottolineano che la conservazione dei tessuti nervosi è molto più comune di quanto si pensasse in precedenza. I cervelli umani sono stati scoperti in luoghi impensabili, come le rive di un lago svedese dell’età della pietra, le profondità di una miniera di sale iraniana datata intorno al 500 a.C. e le vette dei vulcani delle Ande durante l’apice dell’Impero incaico. Questo straordinario repertorio di cervelli antichi ha spinto i ricercatori a riconsiderare le condizioni e i meccanismi che consentono la loro conservazione attraverso i millenni.

Meccanismi di conservazione

L’analisi dettagliata condotta dal team ha rivelato che molti dei cervelli conservati erano gli unici tessuti molli rimasti, suggerendo un meccanismo di conservazione del cervello particolarmente resistente rispetto ad altri organi. Inoltre, si è scoperto che alcuni dei cervelli più antichi risalgono all’ultima era glaciale, il che solleva interrogativi su come abbiano potuto resistere per così tanto tempo. Mentre il meccanismo preciso di questa straordinaria conservazione rimane oggetto di dibattito, i ricercatori ipotizzano che la reticolazione molecolare e la complessazione dei metalli possano giocare un ruolo chiave nella preservazione dei tessuti nervosi attraverso i secoli.

La scoperta dei cervelli umani ben conservati, risalenti a periodi fino a 12.000 anni fa e rimasti intatti, rappresenta una svolta epocale nel mondo della ricerca scientifica. Questi reperti forniscono una preziosa finestra su un aspetto cruciale della nostra storia: la mente umana. Poiché il cervello è un organo estremamente delicato e soggetto a rapida decomposizione, la sua conservazione in condizioni così antiche e integre è straordinaria e offre un’opportunità senza precedenti per esplorare l’evoluzione umana e le sue capacità cognitive.

Questa scoperta non solo offre uno sguardo privilegiato sulla struttura anatomica del cervello delle popolazioni del passato, ma ci consente anche di comprenderne meglio le funzioni cognitive e di esplorare il modo in cui queste popolazioni si sono adattate e hanno interagito con il loro ambiente. Attraverso l’uso di tecnologie avanzate di imaging e analisi, gli scienziati possono sondare i segreti del cervello antico, fornendo informazioni preziose sulla genetica, sulle malattie e sulle abitudini culturali delle società antiche.

Inoltre, sottolinea l’importanza di adottare un approccio multidisciplinare nella ricerca archeologica, combinando metodologie scientifiche diverse per ottenere una comprensione più completa del passato umano. Ciò significa che gli studiosi devono integrare conoscenze provenienti da settori come la paleoneurologia, la paleopatologia e la microbiologia per svelare i misteri racchiusi nei tessuti molli conservati.

Condividi