Geoingegneria anche nel Mar Glaciale Artico: manca il ghiaccio? “Creiamolo con l’acqua di mare”

Il Mar Glaciale Artico potrebbe trovarsi privo di ghiaccio entro la fine dell'estate almeno una volta entro il 2050
MeteoWeb

Nel freddo abbraccio dell’Artico, un’esile speranza affiora tra i ghiacci che si sciolgono implacabilmente. L’idea è audace quanto semplice: ispessire il ghiaccio artico utilizzando l’acqua di mare. Una squadra di scienziati del Climate Repair Centre dell’Università di Cambridge ha dato vita a un progetto che, se riuscito, potrebbe rivoluzionare la lotta contro il cambiamento climatico nell’Artico. Ma quali sono le implicazioni di questo esperimento e quali rischi potrebbe comportare?

L’esperimento

Il concetto alla base è chiaro: attraverso un sistema di tubi collegati a idrovore, l’acqua marina viene prelevata e sparata direttamente sul ghiaccio artico, nella speranza di ispessirlo e ritardare così il suo scioglimento estivo. Shaun Fitzgerald, direttore del centro di ricerca, spiega che l’obiettivo finale è “ispessire abbastanza ghiaccio marino da rallentare o addirittura invertire lo scioglimento già osservato“. Tuttavia, la stessa squadra di scienziati ammette di non avere ancora sufficienti conoscenze per valutare appieno l’efficacia di questa soluzione.

Il luogo prescelto per condurre l’esperimento è Cambridge Bay, un piccolo villaggio nel Nord del Canada. Le temperature gelide, con massime intorno ai 20 gradi sottozero e minime che sfiorano i 40 sottozero, forniscono l’ambiente ideale per testare questa innovativa tecnica. Qui, mille litri al minuto di acqua di mare vengono sparati sulla calotta glaciale, portando a un visibile ispessimento del ghiaccio nell’area di studio. Tuttavia, sorge il timore che il ghiaccio più salato possa sciogliersi più rapidamente durante l’estate rispetto a quello formato da nevicate.

Scetticismo nell’Artico

Nonostante i progressi compiuti, i ricercatori sono consapevoli dello scetticismo che circonda il loro progetto. Molti scienziati temono che l’implementazione su vasta scala di questa tecnica possa alterare la composizione salina del Mare Artico, con conseguenze imprevedibili sull’ecosistema. Shaun Fitzgerald sottolinea che il loro intento non è proporre questa soluzione come panacea al cambiamento climatico, ma piuttosto come una possibile parte della soluzione. Tuttavia, è evidente che l’esperimento di geoingegneria dovrà essere affiancato da un’imponente riduzione delle emissioni di anidride carbonica per avere un impatto significativo sul destino del Mar Glaciale Artico.

Secondo le attuali proiezioni, senza interventi significativi, il Mar Glaciale Artico potrebbe trovarsi privo di ghiaccio entro la fine dell’estate almeno una volta entro il 2050, e forse anche prima. Pertanto, il tempo per esplorare nuove soluzioni e valutare il loro impatto è più che mai prezioso. L’esperimento condotto a Cambridge Bay rappresenta solo un primo passo in questa direzione, un tentativo audace di sfidare le forze implacabili del cambiamento climatico e proteggere l’Artico, uno dei luoghi più delicati e cruciali del nostro pianeta tramite la geoingegneria.

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