La recente analisi della più ampia porzione di universo mai studiata ha condotto alla creazione di una nuova mappa tridimensionale dei quasar, i buchi neri supermassicci attivi che risiedono nei nuclei delle galassie, emettendo una straordinaria luminosità nell’oscurità cosmica. Pubblicata su The Astrophysical Journal, questa mappa colloca nello Spazio e nel tempo ben 1,3 milioni di quasar, offrendo uno scorcio senza precedenti nella loro distribuzione e evoluzione. Tra essi, spicca un quasar la cui luce raggiunge la Terra quando l’universo aveva solo 1,5 miliardi di anni, un periodo estremamente remoto considerando l’attuale età stimata dell’universo, che si aggira intorno ai 13,7 miliardi di anni.
Lo studio, condotto sotto la guida dell’Università di New York e basato sui dati forniti dal telescopio spaziale Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea, potrebbe gettare nuova luce sul mistero della materia oscura. Infatti, le galassie ospitanti dei quasar sono spesso circondate da vaste concentrazioni di questa enigmatica sostanza. “Questo nuovo catalogo di quasar è diverso da tutti i precedenti,” ha commentato David Hogg, uno degli autori dello studio, dell’Università di New York, dell’Instituto Flatiron e dell’Istituto Max Planck per l’Astronomia, sottolineando che, sebbene non sia il catalogo con il maggior numero di quasar né quello con le misurazioni di qualità superiore, è stato il primo a classificare una così vasta estensione dell’universo.
I ricercatori hanno impiegato i dati provenienti dal telescopio Gaia, che aveva identificato circa 6,6 milioni di potenziali quasar, ognuno dei quali emette luminosità centinaia di volte superiore a quella di un’intera galassia. Benché Gaia fosse principalmente progettato per mappare le stelle della Via Lattea, durante le sue osservazioni ha incidentalmente catturato una moltitudine di oggetti al di là dei confini della nostra galassia.
In aggiunta alla mappa dei quasar, gli autori dello studio hanno elaborato un altro importante strumento: una mappa che indica le zone in cui è probabile che la presenza di polvere, stelle o altre interferenze possa ostacolare l’individuazione dei quasar stessi. Tali informazioni sono cruciali per garantire una corretta interpretazione dei dati raccolti.