Sopravvisse 23 ore sotto la valanga: ora è un caso scientifico

La terapia applicata a Bolzano su uno scialpinista veneto travolto da una valanga finisce sulla stampa scientifica
MeteoWeb

Uno scialpinista veneto è sopravvissuto per 23 ore sotto una valanga e ora il suo caso è finito sulla stampa scientifica. La vicenda è avvenuta a gennaio 2023, quando l’uomo è stato recuperato dalle masse nevose in Val Badia con una temperatura corporea estremamente bassa. Grazie agli sforzi del team di emergenza e di terapia intensiva dell’Azienda sanitaria altoatesina, la sua vita è stata salvata. Un intervento così eccezionale da finire in uno studio pubblicato sulla rivista Scandinavian Journal of Trauma, Resuscitation and Emergency Medicine.

Il caso è stato analizzato dall’équipe medica curante del servizio di ambulanza altoatesino assieme all’Istituto per la medicina d’emergenza in montagna di Eurac Research per quanto riguarda la parte scientifica. “Il fatto che abbia avuto esito positivo, nonostante il lungo tempo di sepoltura, la temperatura corporea molto bassa e l’estremo congelamento, rende questo caso spettacolare“, afferma Hermann Brugger, medico d’emergenza e fondatore dell’Eurac Research.

Il caso

Lo scialpinista era stato portato nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Bolzano. Sotto la direzione del primario Marc Kaufmann, erano iniziati immediatamente i lavori di riscaldamento del corpo. Sono stati utilizzati due soffiatori per distribuire aria calda (fino a +40°C) sulla superficie corporea utilizzando il principio della convezione. Questa tecnica non invasiva è stata in grado di riscaldare il paziente di 3,5°C all’ora.

Brugger ricorda un caso quasi identico: “c’era stato un incidente da valanga in Svizzera in cui un giovane era stato sepolto con una mano fuori dalla neve. Purtroppo è stato necessario rimuovere la mano a causa del congelamento che aveva subito“, racconta Brugger, che aggiunge: “anche nel caso altoatesino, la mano destra aveva subito un grave congelamento ed era in pericolo”.

Dopo aver raggiunto una temperatura corporea interna “sicura” (oltre +30°C), l’équipe medica dell’unità di terapia intensiva ha iniziato a trattare il congelamento con farmaci già poche ore dopo il ricovero. “Probabilmente solo grazie al trattamento precoce dell’assideramento è stato possibile salvare la mano senza che il paziente perdesse un solo polpastrello: un grande successo”, riassume Brugger. “A breve parlerò di questo caso in occasione di una conferenza internazionale all’Università di Aberdeen, in Scozia, portandolo a conoscenza di esperti internazionali nel campo della medicina in questo settore”, conclude Brugger.

Condividi