Dal Problema dei Tre Corpi alla realtà: tutte le volte che abbiamo contattato gli alieni

Nonostante i tentativi prolungati e i progressi tecnologici, la ricerca di segnali di vita extraterrestre rimane in gran parte infruttuosa
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Da tempi immemorabili, l’umanità ha sollevato lo sguardo al cielo notturno con un senso di meraviglia e curiosità senza fine. La possibilità di vita al di là dei confini terrestri ha affascinato e ispirato generazioni di scienziati, filosofi, artisti e sognatori. Eppure, nonostante i passi da gigante fatti nel campo della scienza e della tecnologia, rimaniamo immersi in un profondo silenzio cosmico, una solitudine apparentemente inconciliabile con la vastità dell’universo.

Comunicare con gli alieni

L’inizio di questa straordinaria odissea verso l’ignoto può essere fatto risalire al lontano 1820, quando l’astronomo Joseph Johann Littrow propose un’idea audace e visionaria: comunicare con possibili civiltà aliene. La sua proposta, che prevedeva la costruzione di trincee giganti nel deserto del Sahara da incendiare con cherosene per inviare segnali luminosi ogni notte, rappresentava un tentativo coraggioso di raggiungere oltre i confini del nostro mondo con la speranza di trovare una risposta dall’oscurità dell’universo.

Questo desiderio di connessione cosmica è stato alimentato nel corso dei secoli da individui illuminati come Giovanni Keplero e Giovanni Schiaparelli, ciascuno dei quali ha contribuito, in modi unici, alla ricerca di segni di vita extraterrestre. Keplero, con la sua osservazione di “città murate” sulla Luna nel 1623, e Schiaparelli, con la sua convinzione di aver scoperto “canali” su Marte alla fine del XIX secolo, hanno entrambi contribuito a nutrire la fiamma della speranza che non siamo soli nell’universo.

Il Progetto Ozma

Con l’avvento del XX secolo, l’umanità ha fatto passi da gigante nel campo delle comunicazioni, aprendo nuove vie per esplorare l’universo e cercare segni di vita oltre il nostro sistema solare. Il Progetto Ozma, avviato nel 1960 dall’astrofisico Frank Drake, ha segnato un momento epocale nella ricerca di intelligenza extraterrestre, rappresentando il primo tentativo sistematico e scientifico di ascoltare segnali provenienti da civiltà aliene. Tuttavia, nonostante gli sforzi titanici e gli investimenti multimilionari nel Seti (Search for Extraterrestrial Intelligence) Institute di Mountain Valley e in altre organizzazioni simili in tutto il mondo, il silenzio persiste.

Il paradosso di Fermi

Il paradosso di Fermi, coniato in onore del fisico italiano Enrico Fermi, incarna questa profonda discrepanza tra la vastità dell’universo e la mancanza di prove concrete di vita extraterrestre avanzata. Con una stima di centinaia di miliardi di stelle solo nella nostra galassia e trilioni di pianeti potenzialmente abitabili, ci si potrebbe aspettare di trovare almeno qualche traccia di vita intelligente. Eppure, finora, non c’è stata alcuna conferma definitiva.

Le risposte proposte al paradosso di Fermi sono altrettanto variegate quanto intriganti. Alcuni suggeriscono che le civiltà avanzate potrebbero distruggersi prima di poter comunicare con altre civiltà, mentre altri ritengono che le differenze culturali e tecnologiche tra le civiltà rendano difficile qualsiasi forma di interazione. C’è anche chi ipotizza che gli alieni potrebbero evitare il contatto per timore delle conseguenze, una teoria che richiama alla mente le suggestioni della serie “Il problema dei tre corpi” di Cixin Liu.

Nonostante i tentativi prolungati e i progressi tecnologici, la ricerca di segnali di vita extraterrestre rimane in gran parte infruttuosa. Dal messaggio Morse inviato nel 1962 al celebre messaggio radio interstellare del Progetto Arecibo del 1974 e oltre, le trasmissioni sono state numerose, ma finora nessuna risposta è giunta.

La questione fondamentale, oltre a come raggiungere e comunicare con gli alieni, è se dovremmo farlo. Con la maggior parte delle stelle nella nostra galassia molto più vecchie del Sole, qualsiasi civiltà che incontreremmo sarebbe probabilmente tecnologicamente più avanzata di noi. Questo solleva domande cruciali sulla nostra sicurezza e sulle conseguenze di un contatto con una civiltà aliena.

Così, mentre continuiamo a scrutare il cielo notturno con speranza e aspettativa, rimane aperta la grande domanda: ci conviene davvero cercare e contattare gli alieni? La risposta rimane, al momento, sospesa nell’immensità del cosmo, tra le stelle e i silenzi che le separano. Eppure, il desiderio di connessione con qualcosa di più grande di noi continua a bruciare, alimentando l’infinita ricerca dell’umanità per conoscere il proprio posto nell’universo e per scoprire se siamo veramente soli.

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