Registrati segnali mai osservati in precedenza, provenienti da una stella magnetica estremamente potente, precedentemente considerata inattiva: una magnetar, una forma estremamente densa di stella di neutroni con un campo magnetico incredibilmente intenso, miliardi di volte più potente di quello della Terra, che emette impulsi radio. Questi segnali, tuttavia, si differenziano da quelli solitamente rilevati. Il rilevamento è stato effettuato da un gruppo di ricercatori guidato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche Australiano, CSIRO, che ha utilizzato il radiotelescopio Murriyang presso l’Osservatorio di Parkes. Lo stesso telescopio è stato utilizzato dalla NASA per ricevere le trasmissioni televisive in diretta dello sbarco sulla Luna nel luglio del 1969. I risultati di questa scoperta, pubblicati su Nature Astronomy, promettono di illuminare fenomeni astrofisici estremi e insoliti, come i lampi radio veloci e le esplosioni di raggi X e gamma.
La magnetar XTE J1810-197, situata a circa 8mila anni luce dalla Terra, è la magnetar più vicina a noi di questo tipo. I segnali radio provenienti da questa stella sono stati osservati per la prima volta nel 2003, e poi è rimasta silenziosa fino al 2018, quando sono stati rilevati nuovamente dei segnali radio che hanno attirato l’attenzione del team di ricerca guidato da Marcus Lower. Trovare impulsi radio provenienti da una magnetar è già di per sé un evento straordinariamente raro, ma in questo caso gli scienziati hanno notato che le onde sembrano muoversi in modo spiraleggiante mentre attraversano lo Spazio: “Non avevamo mai visto nulla di simile prima d’ora“, ha commentato Lower.
La ragione per cui questa magnetar si comporti in modo così insolito non è ancora chiara. “I nostri risultati suggeriscono la presenza di plasma surriscaldato sopra il polo magnetico della stella, che funge da filtro polarizzatore, ma come questo plasma stia causando questo fenomeno è ancora oggetto di studio“, spiega Lower. “I segnali emessi da questa magnetar“, ha aggiunto Manisha Caleb dell’Università di Sydney, co-autore dello studio, “indicano che le interazioni sulla superficie della stella sono più complesse rispetto alle spiegazioni teoriche precedenti“.