Potrebbero arrivare dal sistema Scada, una sorta di scatola nera delle centrali idroelettriche, alcune delle risposte alle tantissime domande sul terribile incidente avvenuto presso la centrale idroelettrica di Suviana, che ha provocato 7 vittime e 7 feriti. Il sistema Scada ‘di supervisione e controllo’, come ha confermato l’ad di Enel Green Power Salvatore Bernabei, è già in mano agli inquirenti.
Questo sistema, “se avrà registrato qualcosa, aiuterà a capire le cause dell’evento e si vedrà nel momento in cui verrà esaminato”. “Ci sono tante possibili cause”, ha detto Bernabei, ma “in questo momento non possiamo fare ipotesi”. Se il sistema avrà registrato qualcosa, “quell’analisi potrà essere utile per capire le cause, perché altrimenti attualmente non è davvero possibile capire che cos’è successo”, ha concluso.
Ora, dopo il ritrovamento dei corpi, parte la fase due, quella dello svuotamento dell’acqua dalla centrale, per consentire le analisi tecniche. Le indagini, coordinate dal procuratore della Repubblica di Bologna Giuseppe Amato che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo e disastro colposo, possono dunque entrare nel vivo. Da domani, la centrale tornerà nella disponibilità di Enel, ad eccezione dei piani inferiori, che restano sotto sequestro e saranno, dai prossimi giorni, oggetto di sopralluoghi e indagini. Sempre nei prossimi giorni, la procura nominerà i tecnici incaricati della perizia.
La prima questione da affrontare sarà individuare il punto esatto dal quale è partita l’esplosione che ha determinato l’incendio. Una delle ipotesi a cui si lavorerà è che il fuoco possa essere partito dall’alternatore, una macchina di 140-150 tonnellate che viaggia a 370 giri al minuto grazie a dei cuscinetti, unico punto in tutta la centrale dove c’è olio lubrificante. Ma si tratta solo di ipotesi, che dovranno essere approfondite e vagliate dal pool che comprenderà anche la squadra investigativa dei Vigili del Fuoco, oltre ai Carabinieri.
Le vittime della tragedia di Suviana
L’esplosione e la terribile catena di eventi che ne è susseguita hanno portato alla morte di 7 persone. Nella mattinata di oggi, è stato ritrovato dai sommozzatori il corpo dell’ultima vittima, Vincenzo Garzillo, 68 anni, di Napoli. Gli altri sei lavoratori – tre ritrovati il giorno dell’esplosione, avvenuta martedì 9 aprile, e gli altri ieri – sono: Vincenzo Franchina, 36 anni, di Sinagra (Messina), Pavel Petronel Tanase, nato in Romania, di Settimo Torinese (Torino), 45 anni, e Mario Pisani, nato a Taranto e residente a San Marzano di San Giuseppe (Taranto), di 73 anni. E ancora, Adriano Scandellari, 57 anni, di Padova, Paolo Casiraghi, 59enne di Milano, e Alessandro D’Andrea, 37enne originario di Forcoli (Pisa).
Come già annunciato dalla procura, sui corpi dei sette tecnici morti non sarà fatta l’autopsia. Sono state invece eseguite le prime tre ispezioni esterne e gli esami post mortem, anche con tac ed esami tossicologici per provare a capire quali sostanze possano aver inalato, sulle salme dei primi tre operai estratti senza vita dalla centrale nel giorno dell’esplosione. Sulla base di questi rilievi, si ritiene che l’esplosione sommersa nell’impianto possa essere la causa della loro morte. È questo il motivo per cui il procuratore non ha ritenuto di disporre le autopsie.
Tra i feriti, tre ricoverati sono in condizioni critiche: Stefano Bellanova, 54 anni, è in rianimazione in prognosi riservata all’ospedale Maggiore di Parma, con ustioni, il 42enne ricoverato al Centro grandi ustionati dell’ospedale Bufalini di Cesena è stazionario, sedato e intubato, mentre Sandro Busetto, 59 anni, è ricoverato a Pisa al reparto Grandi ustioni. Fuori pericolo di vita il 35enne Jonathan Andrisano, al Sant’Orsola di Bologna.