Raffaele Azzaro, sismologo dell’INGV di Catania, illustra ai microfoni di MeteoWeb cosa sta succedendo negli ultimi giorni in Provincia di Reggio Calabria, alle pendici dell’Aspromonte e nel cuore della piana di Gioia Tauro, dove si sono verificate numerose scosse di terremoto tanto che ieri il Comune di Cittanova ha attivato il COC: “Da giorno 20 aprile – spiega l’esperto – stiamo registrando una piccola sequenza sismica che al momento conta 13 scosse di magnitudo superiore a 2. Gli eventi più energetici sono 2, ed hanno raggiunto magnitudo 3.5. I terremoti sono localizzati in una zona piuttosto ristretta 4-5 km a sud di Cittanova, ad una profondità compresa tra 12 e 15 km. E’ normale che le scosse più forti siano state avvertite dalla popolazione, ma con questi valori di magnitudo non si hanno danni alle strutture. L’ultima scossa di magnitudo 1.5 è stata registrata oggi, nel primo pomeriggio” .
Tutti sanno che si tratta di una zona ad alto rischio sismico, ma siamo proprio nella stessa area in cui s’è verificato il grande terremoto del 1783 (magnitudo stimata 7.1), uno dei più forti e distruttivi della storia d’Italia. Lo sciame di questi giorni è provocato da quella stessa faglia?
“Nel 1783 si è verificata, tra febbraio e marzo, una tra le più grandi sequenze sismiche che hanno interessato il territorio italiano, e la maggiore in Calabria. Tutto il settore appenninico tra la “Stretta di Catanzaro” a nord e lo “Stretto di Messina” a sud ha visto l’attivazione, a cascata, di un sistema di faglie crostali che hanno generato i 2 terremoti di magnitudo superiore a 7, ed un altro evento di M 6.7. Ovviamente questo rilascio sismico così importante ha indotto uno stress tettonico enorme in questa parte della regione, che ha a sua volta attivato una serie di faglie minori responsabili delle centinaia di scosse minori avvertite dalla popolazione in quel periodo. E’ difficile quindi dire se i terremoti che stiamo registrando in questi giorni a quale faglia siano da imputare, è certo comunque che il volume focale interessato è compatibile con quello dell’evento del 5 febbraio 1783“.
Che informazioni sono disponibili sullo sciame in corso e quale è la sua possibile evoluzione?
“Una sintesi dei parametri sismologici è quella già fornita sopra; tuttavia questi sono i dati delle elaborazioni preliminari della Sala Sismica di Roma, che monitora h24 l’intero territorio italiano. Normalmente questi dati vengono rivisti e implementati successivamente per avere un quadro il più esaustivo possibile. Come sempre quando si parla di terremoti, non è possibile fare alcuna previsione in merito alle possibili evoluzioni: i terremoti sono espressione di dinamiche geologiche che hanno scale temporali molto lunghe, ampiamente superiori rispetto alla conoscenza storica del territorio. Comunque, anche in aree fortemente sismiche è normale l’occorrenza di piccole sequenze come quella in atto“.
Che messaggio si può mandare ai residenti delle zone interessate dalle scosse?
“Il comune di Cittanova ha fatto bene, secondo i protocolli vigenti, ad attivare il COC; è una misura che ha una doppia valenza: eseguire una serie di controlli preventivi, di tipo statico, sulle strutture cosiddette strategiche (scuole, caserme, ospedali ecc.) e sui piani di protezione civile, e nel contempo sensibilizzare la popolazione su una tematica così importante, che inconsciamente si tende sempre a “dimenticare”“.
Il grande terremoto del 1783: un incubo ricorrente per la Calabria
Il 5 febbraio 1783, la Calabria fu scossa da uno dei terremoti più devastanti nella storia d’Italia, segnando l’inizio di una serie di cinque forti scosse che si protrassero fino al marzo dello stesso anno. Questo evento sismico, noto come il “Terremoto della Calabria meridionale del 1783”, non solo causò una strage immane, ma anche cambiamenti duraturi nel paesaggio e nella società calabrese.
La Calabria è situata lungo il margine convergente tra la placca tettonica africana e quella euroasiatica, rendendo questa regione particolarmente suscettibile a intensa attività sismica. La faglia responsabile del terremoto del 1783 è stata identificata come parte del sistema di faglie che attraversa la regione, che ha generato sismi potenti anche in tempi più recenti.
Il primo grande sisma colpì il 5 febbraio alle ore 12:00, con epicentro vicino Oppido Mamertina. Seguirono scosse altrettanto forti il 6 e il 7 febbraio. La serie di terremoti culminò con altre due grandi scosse il 1° e il 28 marzo. Ogni sisma fu accompagnato da danni catastrofici e da fenomeni come frane, tsunami e liquefazione del suolo.
I terremoti distrussero numerose città e paesi, tra cui Oppido Mamertina, Scilla, Palmi, e Seminara. A Scilla, uno tsunami conseguente al terremoto causò immense devastazioni lungo la costa, annientando interi quartieri. Le stime delle vittime variano, ma si ritiene che i morti furono tra i 25.000 e i 50.000, rendendo questa serie di terremoti una delle più letali nella storia italiana.
Il terremoto del 1783 è noto per i vasti fenomeni di liquefazione osservati. I testimoni riferirono di aver visto “vulcanelli di fango” lungo le rive del fiume Mesima, dove l’acqua e il fango eruttarono dal suolo come geysers. Questi eventi dimostrarono l’estrema instabilità del terreno alluvionale saturato d’acqua nella regione.
La risposta al disastro fu complicata dalla politica e dall’infrastruttura dell’epoca. Re Ferdinando IV di Borbone istituì la “Reale Commissione per la ricostruzione delle Calabrie” che supervisionò la pianificazione e la costruzione di nuove strutture secondo principi antisismici, una novità per quel tempo.
Il terremoto del 1783 ebbe un profondo impatto sulla società calabrese e sulla scienza sismologica. Il filosofo e scienziato britannico John Michell analizzò i rapporti sul terremoto, contribuendo allo sviluppo delle prime teorie scientifiche sui terremoti. Inoltre, la catastrofe portò a una riflessione sulle norme di costruzione e sulla necessità di politiche di protezione civile più efficaci.