Il 25 maggio 1928 l’incidente del Dirigibile Italia, una spedizione finita in tragedia

L'incidente del Dirigibile Italia costò la vita a 17 persone
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Il 25 maggio 1928, il Dirigibile Italia, comandato dal generale Umberto Nobile, subì un tragico incidente poche ore dopo aver sorvolato il Polo Nord. Questo dirigibile semirigido, progettato dallo stesso Nobile e varato nell’aprile dello stesso anno, si schiantò contro la banchisa polare dopo aver perso quota. L’impatto causò la morte di uno dei membri dell’equipaggio e lasciò altri 10 uomini, tra cui Nobile, sbalzati a terra. Sei membri rimasero prigionieri nell’involucro del dirigibile, che riprese quota e scomparve senza lasciare traccia.

Una missione scientifica ambiziosa

La spedizione dell’Italia aveva scopi scientifici ambiziosi e rivoluzionari per l’epoca. Il programma includeva l’esplorazione geografica di regioni polari ancora sconosciute, oltre a ricerche oceanografiche, meteorologiche, magnetiche, elettriche e sulla radioattività atmosferica. La missione comprendeva anche studi biologici e batteriologici. La spedizione era stata meticolosamente preparata da Nobile con la collaborazione di 3 giovani scienziati: Aldo Pontremoli dell’Università di Milano, Finn Malmgren dell’Università di Uppsala e František Běhounek dell’Università di Praga.

L’equipaggio e la preparazione

Oltre ai 3 scienziati e a Nobile, l’equipaggio del dirigibile Italia contava altre 14 persone. Tra di loro c’erano 3 ufficiali di Marina, Alfredo Mariano, Filippo Zappi e Adalberto Viglieri; l’ingegnere Felice Trojani; il capotecnico Natale Cecioni; i motoristi Ettore Arduino, Vincenzo Pomella, Attilio Caratti e Calogero Ciocca; l’attrezzatore Renato Alessandrini; i radiotelegrafisti Giuseppe Biagi ed Ettore Pedretti; i giornalisti Ugo Lago e Federico Tomaselli; e infine la cagnetta Titina, inseparabile compagna di Nobile.

Il volo fatale

Dopo due voli preliminari, il 23 maggio 1928 alle 04:28, il dirigibile Italia partì dalla Baia del Re diretto al Polo Nord con sedici persone a bordo. Dopo venti minuti dalla mezzanotte del 24 maggio, l’Italia sorvolava il Polo. L’equipaggio lasciò cadere una bandiera italiana e una grande croce di quercia affidata loro da Papa Pio XI. Tuttavia, alle 10:33 del 25 maggio, il dirigibile precipitò sul pack polare, segnando l’inizio di una straziante odissea per i sopravvissuti.

La lotta per la sopravvivenza

Nove superstiti, inclusi Nobile, si ritrovarono sulla banchisa, rifugiandosi nella famosa “Tenda Rossa”. Intanto, i 6 membri rimasti a bordo del dirigibile scomparvero, e il loro destino rimane tuttora ignoto. Tre uomini, Mariano, Zappi e Malmgren, intrapresero una disperata marcia a piedi in cerca di aiuto. Grazie alla radio “Ondina 33” e all’intervento di un radioamatore di Arcangelo, il 3 giugno fu intercettato un SOS trasmesso da Biagi.

Un’eroica operazione di soccorso

La notizia dell’incidente innescò una straordinaria gara di solidarietà internazionale. Spedizioni di soccorso partirono da Svezia, Norvegia, Germania, Finlandia, Francia e Italia. In questa operazione persero la vita 9 persone, tra cui il celebre esploratore Roald Amundsen. Dall’Italia si mossero i valorosi aviatori Maddalena e Penzo, mentre dalla Russia giunse il decisivo supporto del Capitano Samoilovic e del rompighiaccio “Krassin”, che il 12 luglio 1928 riuscì a salvare Mariano e Zappi, e successivamente gli uomini della “Tenda Rossa”.

Un’eredità di sacrificio e memoria

L’incidente del Dirigibile Italia costò la vita a 17 persone, i cui nomi sono oggi scolpiti sul monumento eretto a Tromsø, in Norvegia. L’epigrafe del poeta Alfonso Gatto su questo monumento recita: “Qui scritti sulla pietra i nomi di quelli che perirono nel naufragio dell’“Italia” sono vicini ai nomi dei loro soccorritori nel ricordare un’impresa che fu gloria degli uomini oggi testimonianza e memoria della loro comune civiltà”.

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