Cardiomiopatia Aritmogena a una svolta: al via le prime terapie specifiche

La Cardiomiopatia Aritmogena si manifesta con una progressiva disfunzione cardiaca e aritmie, portando, nei casi più gravi, alla morte improvvisa
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Siamo a una svolta per la Cardiomiopatia aritmogena, la malattia genetica cardiaca orfana di cure, che colpisce soprattutto i giovani e gli atleti: nuove terapie stanno entrando in sperimentazione clinica e i pazienti possono partecipare per ricevere cure all’avanguardia e contribuire al progresso della ricerca. Questo è il messaggio centrale del Convegno organizzato al Centro Cardiologico Monzino il 10 maggio, in collaborazione con l’Università di Padova dal titolo “Al cuore del problema: la ricerca sulla cardiomiopatia aritmogena è vicina a una svolta?”

La Cardiomiopatia Aritmogena (ACM) si manifesta con una progressiva disfunzione cardiaca e aritmie cioè irregolarità del ritmo cardiaco, portando, nei casi più gravi, alla morte improvvisa. È la tragica storia di atleti come Davide Astori o Piermario Morosini e tanti giovani meno famosi.

Attualmente non esistono terapie specifiche per l’ACM, ma solo dei medicinali che migliorano i sintomi, e metodi che impediscono alle aritmie di diventare letali, come l’impianto nel paziente del defibrillatore.

L’informazione è di importanza vitale per i pazienti ACM e per i loro familiari. Oggi finalmente possiamo parlare anche di cure specifiche, anche se disponibili per ora solo attraverso trial clinici. Le sperimentazioni in fase di avviamento sono di due tipi: approcci rivoluzionari di terapia genica oppure “drug repurposing”, vale a dire la sperimentazione di farmaci tradizionali per una patologia diversa da quella per cui sono stati approvati. Al Monzino per esempio stiamo per lanciare uno studio sull’efficacia delle statine contro l’ACM” dichiara Elena Sommariva, Responsabile dell’Unità di Biologia Vascolare e Medicina Rigenerativa del Monzino. Ci teniamo che i pazienti che accedono alle nuove scoperte della ricerca lo facciano in modo consapevole, conoscendo i motivi che hanno spinto noi ricercatori a testare certe terapie e i risultati sperimentali che ne hanno comprovato l’efficacia preclinica”.

Le nuove possibilità terapeutiche che si stanno sviluppando nei laboratori di ricerca ci offrono l’opportunità di diffondere un messaggio positivo di speranza, che desideriamo condividere con i pazienti” dichiara Alessandra Rampazzo, professore ordinario di Biologia applicata al Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova Il nostro gruppo di ricerca ha valutato l’efficacia in vitro di un farmaco nel bloccare i meccanismi molecolari della malattia. Grazie all’importante finanziamento europeo IMPACT, non solo questa sperimentazione continuerà in modelli in vivo ma verranno testate anche altre soluzioni terapeutiche”.

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