“Anche se, negli ultimi giorni, la temperatura globale si è adeguata alla stagione, quello appena concluso, in continuità con gli 11 mesi precedenti, si caratterizzerà come l’Aprile più caldo della storia, analogamente a quanto sta succedendo da oltre un anno per i mari“: è quanto si legge nel consueto report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche. “In questo quadro planetario si colloca l’ormai drammatica situazione idrica della Sicilia, dove sono quasi vuoti i bacini di Disueri, Comunelli e Cimia, in provincia di Caltanissetta, trattenendo volumi d’acqua inferiori al milione di metri cubi. Nonostante una timida ripresa (poco più di 13 milioni di metri cubi in un mese), negli invasi siciliani mancano complessivamente circa 670 milioni di metri cubi d’acqua (-68%), ma soprattutto si è ben 145 milioni sotto al precedente record negativo, registrato nel siccitoso 2017“.
Secondo il Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano (S.I.A.S.), “da Settembre 2023 il deficit pluviometrico medio sulla regione si aggira sui 300 millimetri con punte di mm. 350 sulla provincia di Catania: ciò significa che l’apporto d’acqua nei mesi tradizionalmente più piovosi (da Settembre ad Aprile) è praticamente dimezzato rispetto alla media storica di mm. 620! Il mese di marzo sull’Isola è stato estremamente siccitoso per le province centrali e soprattutto Sud-Orientali, dove le cumulate registrate sono state tra il 70% ed il 90% inferiori alla norma in buona parte dei comuni tra le province di Catania, Siracusa, Enna e Caltanissetta“.
“Di fronte a questa situazione, la risposta non può limitarsi alla dichiarazione dello stato d’emergenza, ma abbisogna di interventi strutturali. La ricetta è sempre la stessa: completamento degli schemi idrici, manutenzione straordinaria degli invasi, ritorno all’ordinaria amministrazione dei Consorzi di bonifica, secondo i principi di autogoverno e sussidiarietà, dopo decenni di malgoverno commissariale,” commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).
“Stanti le attuali condizioni climatiche e con una stagione turistica già avviata, diverrà sempre più difficile conciliare le destinazioni idriche per usi potabili ed agricoli con scontate, pesanti conseguenze per il settore primario, eccellenza del made in Italy nel mondo. Lo sconcerto deriva dal periodico ripetersi dell’emergenza in una situazione infrastrutturale, priva delle necessarie scelte politiche,” aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.
Secondo il report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, sul resto della Penisola “la situazione non si discosta molto da quella delle recenti settimane. Al Nord i grandi bacini naturali hanno un riempimento superiore al consueto: Maggiore al 92%; Lario al 47,6%, Benaco al 96,4%, Sebino al 93,6%. Sulle Alpi la neve in quota rimane abbondante e superiore alla media, rappresentando una riserva idrica, fondamentale per i mesi più caldi. In Valle d’Aosta la portata del torrente Lys cresce, mentre cala quella della Dora Baltea. In Piemonte i fiumi Tanaro e Stura di Demonte registrano un arretramento nei flussi, mentre a crescere sono Stura di Lanzo e Toce. In Lombardia il surplus delle riserve idriche si attesta ora intorno al 39%; la neve resta abbondante sulle cime ed il quantitativo si aggira sui 2800 milioni di metri cubi, quasi il 50% in più della media del periodo (indice: Snow Water Equivalent). Il livello del fiume Adda risulta decrescente, ma rimane rilevante il flusso in alveo (mc/s 224). Il Veneto vede una riduzione nelle portate fluviali di Adige (+62% sulla media) e Piave (portate in linea con la media), una sostanziale invarianza di Muson dei Sassi, Livenza e Bacchiglione, una crescita del Brenta. In Emilia–Romagna sono le pianure romagnole a Sud del fiume Reno a preoccupare per la scarsità di piogge cadute nei primi 4 mesi di quest’anno: solo mm. 190. Nel resto della regione, sia sui bacini montani che in quelli di pianura, la quantità d’acqua caduta è in linea con la media del periodo, se non addirittura superiore come nei casi dei bacini montani dalla Trebbia al Panaro e delle pianure occidentali dal Tidone alla Parma (fonte: Arpae). Tra i fiumi appenninici, il Nure, l’Enza, la Secchia ed il Panaro mantengono un flusso superiore alla media mensile“.
La seppur decrescente portata del fiume Po “non solo rimane in linea con i valori medi del periodo, ma li supera in Lombardia e in Emilia-Romagna (a Pontelagoscuro, nel Ferrarese, +15%). In Liguria, mentre i fiumi Vara ed Argentina mantengono livelli idrometrici più alti della media, l’Entella rimane in linea e la Magra è deficitaria“.
Nonostante una stagione primaverile finora idricamente abbondante sui bacini montani settentrionali, “calano vistosamente i flussi dei fiumi toscani, che tornano rapidamente sotto media: Arno a mc/s 49; Serchio a mc/s 31,40; Sieve sotto 7 metri cubi al secondo. Cresce l’Ombrone, ma il deficit sulla media mensile del recente ventennio rimane ampio: -33%. Il 2024 è stato finora avaro di precipitazioni sui versanti adriatici dell’Appennino: questa situazione, unitamente alla siccità estrema del Meridione ed alle temperature record, fa purtroppo presagire un futuro idricamente simile al difficile 2020: deficit pluviometrici sull’Italia orientale (dalla foce del fiume Reno alla Puglia) e dighe vuote a Sud”.
Nelle Marche, intanto, “i livelli dei fiumi continuano a calare e specialmente il bacino dell’Esino mostra evidenti segni di sofferenza; gli invasi fortunatamente continuano a trattenere quasi 53 milioni di metri cubi d’acqua, cioè un valore che in anni recenti è inferiore solo al 2023. In Umbria, il livello del lago Trasimeno guadagna 1 centimetro, ma mancano ancora cm.7 per raggiungere quantomeno l’altezza minima vitale (cm. 84); tra i fiumi, minime contrazioni si registrano nelle portate di Topino e Chiascio, mentre stabile resta la Paglia. Nel Lazio, in crescita è la portata del fiume Tevere (mc/s 99.41 a Roma), che resta però molto lontano da una condizione di normalità: manca oltre il 58% del flusso medio di questo periodo. Crescono anche i livelli del Velino nell’Alta Sabina e della Fiora nella Maremma laziale, mentre l’Aniene è in calo“.
In Basilicata “gli invasi trattengono poco più di 340 milioni di metri cubi d’acqua, cioè una disponibilità più che dimezzata rispetto ad una capacità totale di mln. mc. 743; l’anno scorso, in questo periodo, le dighe trattenevano il 36% in più d’acqua (mln. mc. 462,85). In Puglia il confronto con il 2023 è altrettanto impietoso: -113,72 milioni di metri cubi; il bacino San Pietro sul fiume Osento ne trattiene a malapena 2,5 su una capacità d’invaso pari a mln. mc. 17“.
In Calabria, infine, “è quasi asciutto il letto del fiume Ancinale nel Catanzarese mentre, al confine settentrionale con la Basilicata, il Lao registra una portata di soli mc/s 3,35, cioè il 63% in meno della media del periodo. Cresce invece il Coscile, che mantiene un flusso impetuoso, registrando valori superiori a mc/s 16 contro una media mensile inferiore a 7 metri cubi al secondo“.