Tumore al seno: il 30% delle pazienti subisce un calo dell’efficacia delle cure

"Da qui la necessità di piattaforme per valutare le interazioni negative tra i farmaci"
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Un nuovo studio italiano, BioItaLEE, ha scoperto che il 30% delle pazienti con tumore al seno metastatico presenta interazioni tra i farmaci utilizzati per curare altre patologie e le terapie anticancro. Questo fenomeno, spesso sottovalutato, può ridurre in modo sostanziale l’efficacia dei trattamenti, con un impatto negativo sulla prognosi delle pazienti.

Le dichiarazioni degli specialisti sul tumore al seno

Un aspetto poco considerato è rappresentato proprio dai possibili rapporti tra le terapie somministrate al paziente oncologico per altre patologie e la risposta alle cure anticancro, come i farmaci a bersaglio molecolare e l’immunoterapia“, spiega il Prof. Paolo Marchetti, Presidente della Fondazione per la Medicina Personalizzata. “Da qui la necessità di piattaforme per valutare le interazioni negative tra i farmaci. Per questo è stata realizzata, in collaborazione tra l’Università La Sapienza di Roma e l’Università La Charité di Berlino, una piattaforma, Drug-Pin, che mira alla ‘riconciliazione terapeutica’, cioè a rendere compatibili le diverse terapie assunte dal paziente, con l’obiettivo di ampliare il numero di pazienti che possono beneficiare dei farmaci a bersaglio molecolare o dell’immunoterapia“.

Il 30% – afferma il Dr. Andrea Botticelli, Responsabile della Breast Unit del Policlinico Umberto I Roma – ha presentato interazioni clinicamente significative, con una diminuzione dell’efficacia del trattamento standard di circa 8 mesi. Nelle pazienti con interazioni farmacologiche, infatti, la sopravvivenza libera da progressione ha raggiunto 20 mesi, rispetto ai 28 nelle altre donne prive di conflittualità fra terapie. Farmaci cardiologici, inibitori di pompa e antipsicotici erano le principali classi farmaceutiche in ‘conflitto’ con le cure oncologiche“.

La soluzione, avvertono gli specialisti, non consiste nell’interruzione delle cure per le altre patologie ma, a parità di principio attivo, nell’individuazione della terapia che non presenti conflittualità con il trattamento anticancro in corso.

Così – conclude il Prof. Marchetti – si potrebbero ridurre sofferenze e spese inutili“.

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