La Sardegna si trova al centro di una controversia che vede contrapposti interessi energetici nazionali e locali. Maurizio Onnis, attraverso una riflessione approfondita su Facebook, analizza i punti critici di questa disputa.
Aree idonee e impianti
La decisione su dove posizionare parchi eolici e impianti fotovoltaici è cruciale. Onnis solleva dubbi su quanti di questi impianti siano effettivamente necessari (come i 6.2 GW proposti) e sottolinea l’importanza di compensazioni adeguate per la Sardegna.
Attualmente, il sistema di compensazioni, regolato da un decreto del 2010, è giudicato inadeguato. Le compensazioni non sono obbligatorie, non possono essere in denaro e non superano il 3% dei profitti degli impianti. Questo, secondo Onnis, rappresenta un’offerta miserabile che potrebbe minare il supporto dei sindaci locali.
Necessità di un Piano energetico regionale e di una mappa delle aree idonee
Onnis critica la mancanza di un Piano energetico regionale aggiornato, essenziale per determinare quanta potenza è necessaria per la Sardegna. La recente moratoria impone alla Regione Autonoma della Sardegna di rivedere il proprio piano energetico entro 18 mesi, un periodo che Onnis ritiene lungo rispetto alla rapida necessità di definire le aree idonee.
L’elaborazione della mappa delle aree idonee non deve essere un processo burocratico, ma un’opportunità per coinvolgere attivamente i sardi. Onnis sottolinea l’importanza di un approccio partecipato che dia voce a tutte le parti interessate, evitando la creazione di soluzioni preconfezionate e distanti dalle reali esigenze locali.
Onnis dubita che il governo regionale possa ottenere un accordo equo con lo Stato centrale, data la sua posizione di svantaggio negoziale. Invita pertanto alla riflessione su quale compromesso sia accettabile per la Sardegna, anche se non ideale.
L’atteggiamento ambivalente di alcuni consiglieri regionali, che hanno votato contro gli interessi dei loro territori, viene condannato da Onnis come un tradimento che non sarà dimenticato. Infine, Onnis suggerisce che potrebbe essere necessario considerare forme di disobbedienza civile più incisive rispetto alle tradizionali manifestazioni di piazza, come la disobbedienza fiscale, per far valere le ragioni della Sardegna.