Il 9 agosto 1945 la città di Nagasaki fu teatro di uno degli eventi più tragici e devastanti della storia moderna. In quel giorno, un bombardiere B-29 statunitense, chiamato BOCKSCAR, sganciò una bomba atomica soprannominata “Fat Man” sulla città giapponese. La bomba esplose a un’altitudine di 469 metri, liberando un’energia equivalente a 22mila tonnellate di TNT.
La deflagrazione causò la morte immediata di circa 40mila persone, un numero che aumentò considerevolmente nei giorni e nei mesi successivi a causa delle ferite e delle radiazioni. Le stime indicano che tra 25mila e 60mila persone rimasero ferite nell’immediato, mentre altre 40mila morirono in seguito per gli effetti devastanti del fallout nucleare e delle malattie da radiazione. La città, un importante centro industriale e navale, fu quasi completamente distrutta.
Il bombardamento di Nagasaki avvenne solo 3 giorni dopo quello di Hiroshima, il primo attacco nucleare della storia, e insieme a quest’ultimo portò rapidamente alla fine della II Guerra Mondiale. Di fronte all’incredibile potere distruttivo delle bombe atomiche, l’imperatore Hirohito annunciò la resa incondizionata del Giappone il 15 agosto 1945, ponendo fine a un conflitto che aveva devastato il mondo intero.
L’uso delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki ha suscitato profonde riflessioni etiche e morali, sollevando interrogativi sulla giustificazione di tali atti. Nonostante la fine della guerra, l’eredità delle esplosioni atomiche continua a farsi sentire, con i sopravvissuti, noti come hibakusha, che portano ancora oggi le cicatrici fisiche ed emotive di quegli eventi. Nagasaki resta un simbolo della devastazione nucleare e un monito perpetuo sui pericoli delle armi di distruzione di massa.