I suoni dei neonati non sono casuali: nuove ricerche svelano schemi complessi nelle vocalizzazioni

I prossimi passi del team di ricerca saranno capire se il "parentese", o "baby talk", possa essere utile anche per i bambini con disturbi dello spettro autistico
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I suoni prodotti dai bambini durante il primo anno di vita potrebbero essere meno casuali di quanto si credesse. Un team di ricercatori delle università del Texas a Dallas e di Memphis ha condotto una serie di studi che suggeriscono che i neonati potrebbero essere molto più attivi nell’acquisizione del linguaggio di quanto si immaginasse. Questi studi sono stati pubblicati sulle riviste Plos One e Journal of Autism and Developmental Disorders.

I suoni dei neonati

Guidati da Pumpki Lei Su, i ricercatori hanno analizzato i suoni emessi da neonati e lattanti, scoprendo che “le vocalizzazioni infantili non vengono prodotte in modo completamente casuale, ma piuttosto formano uno schema basato su tre categorie di suoni in cluster“. Questo risultato è emerso dall’analisi di oltre 15.000 registrazioni domestiche delle produzioni linguistiche di più di 300 bambini, osservati durante le interazioni con gli adulti e in autonomia.

Il primo studio ha esaminato i neonati con sviluppo tipico, mentre il secondo si è concentrato su partecipanti che hanno ricevuto una diagnosi di autismo. I risultati hanno mostrato che i bambini esplorano le loro capacità vocali indipendentemente dagli input linguistici degli adulti, attraverso quello che potrebbe essere definito un “gioco vocale” in cui associano movimenti a determinati suoni. “Negli ultimi decenni, è diventato chiaro che la lallazione rappresenta un precursore significativo della parola“, afferma Su.

Nel dettaglio, lo studio pubblicato su Plos One ha utilizzato più di 15.000 registrazioni di 130 bambini con sviluppo tipico. È emerso che il 40% dei file audio mostrava un numero di produzioni vocali acute significativamente più elevato di quanto previsto, mentre il 39% delle registrazioni presentava brontolii e vocalizzazioni a bassa frequenza. Questi suoni erano più frequenti dopo i cinque mesi di vita. Non c’è stato nessun partecipante che non abbia mai prodotto alcuna vocalizzazione, indicando che questo comportamento esplorativo è universale tra i bambini.

I bambini con disturbi dello spettro autistico

L’altro studio ha dimostrato che questo tipo di esplorazione vocale si verifica anche nei bambini con disturbi dello spettro autistico. “Nel primo anno di vita, i piccoli esseri umani raggruppano i suoni una categoria vocale alla volta“, continua Su. “Non possiamo escludere che alcuni schemi siano il frutto di mimetismo, ma abbiamo osservato i bambini esercitarsi in presenza di un genitore e non. Questo processo di apprendimento della produzione di suoni è più endogeno, più spontaneo di quanto si pensasse in precedenza“.

Su conclude enfatizzando che tendiamo a considerare i bambini come destinatari passivi di input, ma in realtà “compiono una serie di azioni anche in autonomia“. I prossimi passi del team di ricerca saranno capire se il “parentese“, o “baby talk“, possa essere utile anche per i bambini con disturbi dello spettro autistico, che apprendono diversamente le comunicazioni sociali e rispondono in modo differente agli stimoli sensoriali.

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