Macchine molecolari e nanomotori, l’attivazione dei microscopici meccanismi e le potenziali applicazioni

Chimici-ingegneri studiano come attivare questi microscopici meccanismi e le applicazioni
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Quando si parla di macchine molecolari si intendono minuscoli insiemi di molecole nanometriche – le cui dimensioni sono cioè nell’ordine di milionesimi di millimetro – che reagendo a determinati stimoli esterni eseguono degli specifici movimenti meccanici, funzionando proprio come piccoli motori in miniatura. Per azionare queste nanomacchine si possono utilizzare diverse forme di energia – chimica elettrica o luminosa – ma occorre operare in maniera profondamente differente rispetto alle macchine macroscopiche, perché nel mondo dell’infinitamente piccolo la fisica funziona diversamente e le molecole si muovono continuamente in modo disordinato a causa dell’agitazione termica.

I possibili impieghi di questi minuscoli motori sono ancora oggetto di studio, ma grazie al lavoro di alcuni ricercatori, tra cui anche il gruppo di Alberto Credi, professore ordinario presso il Dipartimento di chimica industriale “Toso Montanari” e prorettore per la ricerca dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, si stanno delineando due principali linee di applicazione:

  • la prima prevede l’utilizzo del movimento di queste nanomacchine a livello nanometrico: ad esempio, per aprire o chiudere la membrana di una cellula e fare entrare o uscire sostanze da quest’ultima, un tipo di utilizzo che in futuro potrebbe essere molto interessante per il settore biomedico.
  • la seconda consiste nell’attivazione simultanea di un elevato numero di macchine molecolari che, esercitando tutte le loro nano-forze contemporaneamente, producono una forza più elevata, i cui effetti sono osservabili a scale più grandi, fino a quella macroscopica. Un tale processo di amplificazione è molto simile alla contrazione muscolare umana, basata sull’azione combinata di un enorme numero di macchine molecolari biologiche alimentate dall’idrolisi dell’adenosintrifosfato (ATP). Questo tipo di impiego potrebbe essere alla base del processo di contrazione di un muscolo artificiale – come quello di un robot per esempio – oppure essere utilizzato per la creazione di materiali speciali in grado di allungarsi o restringersi, capaci quindi di accumulare e rilasciare energia.

Ai pionieri dello sviluppo delle macchine molecolari è stato assegnato il Premio Nobel per la Chimica nel 2016. Le macchine molecolari saranno al centro del convegno internazionale Mach-5 – Molecular Machinery: Making, Measuring, Modeling che si terrà dall’1 al 4 settembre presso l’Università di Bologna, al quale interverrà il Prof. Jean-Pierre Sauvage, uno dei tre scienziati premiati con il Nobel nel 2016.

Quali sono i principali vantaggi delle macchine molecolari?

Un’importante caratteristica di questi congegni miniaturizzati è data dal fatto che i loro componenti molecolari sono in grado di auto-assemblarsi: è sufficiente progettare correttamente questi ultimi e rilasciarli in un mezzo dove esse possano incontrarsi (ad esempio, un liquido). Nella loro interazione, grazie all’attivazione di determinati processi chimici, le molecole si attraggono e si “montano” da sole, come un microscopico Meccano.

Rispetto ad altri tipi di dispositivi meccanici, le macchine molecolari sono anche vantaggiose in quanto molecole potenzialmente flessibili, biocompatibili e la cui attivazione può avvenire mediamente l’impiego di fonti di energia rinnovabili, come la luce solare.

Un esempio: le pompe molecolari azionate dalla luce

Proprio sull’utilizzo della luce come catalizzatore si è focalizzata l’Università di Bologna con il gruppo di ricerca di Alberto Credi, professore ordinario presso il Dipartimento di chimica industriale “Toso Montanari” e prorettore per la ricerca dell’Ateneo.

In particolare, il professor Alberto Credi è stato coordinatore scientifico di un progetto di ricerca dedicato alla costruzione di pompe molecolari, premiato con un Advanced Grant dello European Research Council .

Le pompe molecolari sono un tipo specifico di macchine costituite da una molecola che presenta un foro simile ad un anello attraverso il quale, grazie alla spinta energetica fornita dai fotoni che compongono la luce, viene fatta passare un’altra molecola filiforme in una direzione specifica.

Un possibile impiego di questo tipo di macchina, secondo la prima linea di applicazione sopra richiamata, potrebbe essere quello di pompare determinati materiali all’interno di una membrana o di una cellula, con lo scopo di curarla (se malata) o di eliminarla (se cancerogena)

Un’altra opzione, nell’ottica della seconda linea di applicazione, prevede la creazione di due tipi di polimeri (ovvero catene molecolari molto lunghe): uno decorato con gli anelli molecolari, l’altro con i componenti filiformi della pompa. Una volta irradiati dalla luce, i componenti filiformi passano attraverso quelle a forma di anello, unendo le due catene polimeriche e creando così una sorta di cerniera in miniatura. Per esempio, grazie a questo processo, si potrebbe creare un materiale plastico in grado di restringersi e di indurirsi quando viene illuminato, ovvero capace di immagazzinare l’energia della luce all’interno della propria struttura. Al buio, tale energia può essere rilasciata sotto forma di movimento attraverso una successiva espansione del materiale nel ritorno allo stato iniziale.

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