Antartide, quest’anno il buco dell’ozono ha iniziato a formarsi più tardi del previsto

Il buco dell'ozono è stato per anni uno dei più gravi problemi ambientali globali
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Oggi, 16 settembre, si celebra la Giornata Internazionale per la Preservazione dello Strato di Ozono, un momento importante per riflettere sui progressi compiuti nella protezione di questo scudo vitale per la vita sulla Terra. Lo strato di ozono ci protegge dalle pericolose radiazioni ultraviolette (UV) del Sole, e il suo stato di salute è monitorato costantemente dal Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS). Durante la stagione del buco dell’ozono in Antartide, che solitamente va da fine agosto a dicembre, il CAMS fornisce analisi e previsioni quotidiane per tracciare l’evoluzione di questo fenomeno atmosferico.

Un successo globale: il Protocollo di Montreal

Il buco dell’ozono è stato per anni uno dei più gravi problemi ambientali globali, ma il Protocollo di Montreal del 1987, che ha bandito l’uso di sostanze che impoveriscono l’ozono (ODS), è considerato un successo collettivo a livello globale. Grazie a questo accordo e ai successivi emendamenti, il peggioramento del buco dell’ozono è stato evitato, tracciando una strada verso il recupero, sottolinea CAMS in una nota.

Tuttavia, la “guarigione” completa richiederà ancora decenni. Nonostante la riduzione dell’uso delle ODS, queste sostanze rimangono nell’atmosfera per lungo tempo e continuano a influenzare l’evoluzione del buco dell’ozono. Solo fra circa 40 anni potremmo osservare un recupero completo ai livelli pre-industriali.

2024: un inizio lento per il buco dell’ozono

Il 2024 si è rivelato un anno particolare per lo sviluppo del buco dell’ozono. In media, questo fenomeno inizia ad approfondirsi progressivamente ad agosto, con un buco ben definito verso la fine del mese. Tuttavia, a causa di un vortice polare stratosferico insolitamente debole, con temperature più alte e venti più lenti rispetto al solito, il buco dell’ozono di quest’anno ha iniziato a formarsi più tardi del previsto. Secondo i dati del CAMS, l’inizio del buco dell’ozono del 2024 è simile a quello osservato nel 2022.

Eventi rari di riscaldamento stratosferico improvviso, verificatisi a luglio e agosto, hanno avuto un impatto significativo. Durante questi episodi, la temperatura nella stratosfera è aumentata rispettivamente di 15°C e 17°C, rendendo ancora più difficoltosa la formazione del classico buco dell’ozono. Questo tipo di riscaldamento è più comune nell’emisfero nord, ma in questo caso ha colpito l’Antartide, alterando la tipica dinamica del vortice polare.

Di conseguenza, i dati CAMS mostrano che i valori totali dell’ozono in colonna sulla maggior parte della regione antartica sono rimasti ampiamente al di sopra delle 220 unità Dobson (DU), il valore soglia utilizzato per definire il buco dell’ozono antartico, per un periodo di tempo più lungo. Al 13 settembre 2024, l’area totale del buco dell’ozono era di 18.48 milioni di km², più piccola rispetto agli ultimi anni per questo periodo.

Cosa possiamo dedurre?

Un inizio lento del buco dell’ozono, come quello del 2024, non è necessariamente un segno di recupero della salute dello strato di ozono, sottolinea CAMS. Il processo di recupero dipende da una complessa combinazione di fattori chimici e meteorologici, ed è difficile attribuire l’evoluzione del buco a una singola causa senza uno studio dettagliato. In altre parole, non possiamo considerare una stagione atipica come prova di una guarigione completa, così come una giornata di freddo intenso non indica necessariamente un cambiamento climatico duraturo.

Un cocktail complesso nella stratosfera

Il processo di distruzione dell’ozono richiede una serie di condizioni specifiche: radiazioni solari, temperature estremamente basse all’interno di un forte vortice polare, la formazione di nubi stratosferiche polari e la presenza di sostanze che impoveriscono l’ozono. Le temperature estremamente basse durante la notte polare favoriscono la formazione di nubi stratosferiche polari, che innescano reazioni chimiche che portano alla distruzione dell’ozono.

Quando il vortice polare è forte, isola una regione in cui si accumulano queste sostanze nocive. Con il ritorno del Sole in primavera, inizia il processo di distruzione dell’ozono, che generalmente si intensifica fino a creare un vero e proprio buco dell’ozono verso settembre. Questo fenomeno si osserva ogni anno, e il buco dell’ozono tende a scomparire con l’arrivo dell’estate australe, verso dicembre.

L’impatto del cambiamento climatico e di altri fattori

Oltre alle sostanze chimiche dannose, anche altri gas emessi naturalmente, come il vapore acqueo e il biossido di zolfo dai vulcani, possono influenzare il processo di distruzione dell’ozono. Un esempio recente è stato l’eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, che ha rilasciato grandi quantità di gas nella stratosfera, contribuendo indirettamente alla diminuzione dell’ozono.

Anche i cambiamenti climatici in corso possono avere impatti collaterali sulla stratosfera. L’effetto serra, ad esempio, contribuisce a modificare la circolazione atmosferica e può influenzare le dinamiche del vortice polare, sottolinea CAMS.

Laurence Rouil, Direttore del Servizio di Monitoraggio dell’Atmosfera Copernicus (CAMS) presso ECMWF, commenta: “dai vulcani ai cambiamenti climatici, ci sono una miriade di fattori che giocano un ruolo, diretto o indiretto, nella formazione del buco dell’ozono antartico. Tuttavia, nessuno di essi è così impattante come le sostanze antropogeniche che riducono lo strato di ozono. Il Protocollo di Montreal e i successivi emendamenti hanno consentito allo strato di ozono di ristabilirsi e possiamo aspettarci che nei prossimi quarant’anni siano visibili ulteriori segni di ripresa. Questo dimostra come l’umanità sia in grado, attraverso la cooperazione internazionale e il processo decisionale basato sulla scienza, di trasformare il nostro impatto sull’atmosfera del pianeta”.

In sintesi, il monitoraggio continuo e gli studi sullo strato di ozono rimangono essenziali per capire come il nostro pianeta stia rispondendo ai cambiamenti globali. Sebbene il Protocollo di Montreal abbia rappresentato una pietra miliare nella protezione dell’ozono, il percorso verso la piena “guarigione” è ancora lungo e dipenderà da molteplici fattori.

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